Leggi il 1° capitolo di “La Duchessa d’Angoulême”
La Duchessa d’Angoulême – di Lisa Beneventi.
Il passeggino bianco
Capitolo 1 –
Vienna, 3 maggio 1799
Sono sola.
Prigioniera da tre anni e mezzo in una prigione maestosa e dorata, prigioniera della politica.
Non ho paura. Non ho mai avuto paura qui, nel castello di Hofburg, nel cuore di Vienna, centro del potere austriaco da più di cinque secoli. Qui sono riconosciuta come Madame Royale, la figlia del re martire, e sono l’emblema della pace e della riconciliazione dei Francesi con gli Austriaci. Mi trattano bene, come un’arciduchessa.
Un raggio di luna filtra nella mia stanza e, riflettendosi sugli specchi e sugli stucchi dorati, diffonde un chiarore fiammeggiante che accentua il rosso vellutato delle poltroncine e il rosso vivido dei tendaggi e dei tappeti.
Fa freddo, per essere maggio, un freddo insolito per questa stagione, con pioggia e temporali ogni giorno.
Sono le dieci di sera e mi trovo nel grande salone del mio appartamento situato nell’ala “Amalia”. È uno dei migliori del palazzo, un tempo occupato dall’imperatore Leopoldo II, fratello di Maria Antonietta. I mobili sono in stile Luigi XIV, come quelli di Versailles, e sono adornati da una serie di vasi di porcellana di Sèvres. Le pareti, ricoperte da una tappezzeria in tessuto damascato di color cremisi, sono abbellite da una collezione di dipinti di paesaggi romantici. Ai lati del grande camino troneggiano due imponenti stufe in maiolica bianca; le finestre hanno vetri colorati che mi ricordano le vetrate delle chiese di Parigi.
Sono trattata con riguardo: ho una piccola “Maison”, una corte, come si usava a Versailles, con dei domestici a mia disposizione e una dama di compagnia, Madame de Chanclos, scelta per me dall’imperatore stesso. È una persona gentile, intelligente e discreta, che è stata dama di corte dell’imperatrice Maria Teresa. E ho delle care amiche, Marie Ferraris e Fanny. Dopo il ricevimento di questa sera ci siamo intrattenute a lungo a parlare. Dopodomani Marie si sposa con il conte Franz Zichy e il 1° giugno Fanny sposerà Nicolas Esterhazy, ciambellano imperiale e consigliere intimo di Francesco II. Io non sarò presente, non potrò festeggiare con loro, abbracciarle in quel momento così importante della loro vita. E loro non potranno essere presenti al mio “inderogabile” matrimonio.
Mi commuovo. Ho appena il tempo di asciugarmi le lacrime che sento Madame de Chanclos entrare nei miei appartamenti.
«Siete pronta, Madame, per la vostra partenza?» mi chiede, premurosa come sempre.
«Sì. Mi dispiace che voi non possiate accompagnarmi fino alla mia nuova dimora.»
«Vi scorterò fino alla frontiera con la Russia, così desidera l’imperatore. Ma Mademoiselle de Choisy, che voi stessa avete richiesto come accompagnatrice, starà con voi fino a Mittau e sarete protetta dal duca di Villequier. Non dovete quindi avere timore. Andrà tutto bene,» mi rassicura Madame de Chanclos nel suo francese perfetto.
«Questa sera ho salutato la coppia imperiale e tutta la corte: la festa d’addio è stata molto bella anche se sembravano tutti rattristati per la mia partenza… I giovani arciduchi piangevano…»
«Sono sinceramente affezionati alla vostra persona, Madame, e avrebbero tanto desiderato che voi foste entrata a far parte della famiglia a tutti gli effetti.»
Non ho mai concesso una grande confidenza a Madame de Chanclos, molto più anziana di me, ma questa sera, alla vigilia della mia partenza, sento il bisogno di confidarmi con qualcuno e lei è una delle persone di cui mi fido di più, oltre a Henriette de Choisy, naturalmente.
«Lo so, ma come sarei potuta rimanere…»
«Conosco bene la vostra storia, Madame Royale,» mi interrompe la mia dama per non farmi rivangare un passato doloroso.
«Mio cugino l’imperatore desiderava che sposassi suo fratello Carlo, ma fin dal mio arrivo ho chiarito con lui che non avrei mai potuto accettare. Cercate di capirmi, Madame. Come posso io, la figlia di Luigi XVI, sposare un membro della casa d’Asburgo, quando questa nulla ha fatto per salvare la mia famiglia? Non posso!» rispondo con le lacrime agli occhi, già pentita per avere detto troppo.
«Calmatevi, Carlotta. Non dovete giustificarvi. Alla fine, anche l’imperatore si è reso conto che era inutile insistere e vi ha autorizzato a raggiungere vostro zio Luigi XVIII. Là inizierete una nuova vita, vi sposerete con vostro cugino, il duca d’Angoulême, e forse un giorno potrete tornare in Francia.»
«Sì, l’imperatore ha capito che non sono sufficientemente ricca e che non vale la pena insistere; o che i miei modi, troppo diretti e troppo sinceri, non sono adeguati al mio rango; o, forse, vista la mia ostilità nei confronti degli emigrati francesi, si è fatto l’idea che io non sia così contraria ai principi repubblicani e teme che contamini l’Austria e instilli dei germi rivoluzionari nel suo paese,» obietto con una punta di sarcasmo, convinta, tuttavia, che altri siano i motivi che hanno indotto l’imperatore a rinunciare.
«Non fatevi strane idee, Madame! L’imperatore ha ascoltato con benevolenza le vostre richieste e le ha accettate senza acrimonia.»
«Perché la legge salica impedisce in Francia alle donne di accedere al trono. Non è forse per questo che mio cugino mi lascia libera?» insisto.
Il tono della mia voce non deve piacere a Madame de Chanclos che non perdona le mie critiche. «L’imperatore ha più volte affermato che siete la benvenuta alla sua corte e… mi è parso di capire che anche voi non avete avuto una gran fretta di partire. Potevate andarvene fin dal mese di gennaio, se volevate.»
«Non mi piace viaggiare d’inverno. Per questo ho rimandato,» le rispondo un po’ troppo seccamente. Me ne rendo conto e cerco di rimediare. «Ho vissuto qui come in un bozzolo, protetta e coccolata, e più volte ho avuto la tentazione di abbandonarmi a questa tranquillità. Ma… non è questo il mio destino. Sono l’erede dei Borboni e non voglio essere l’asso nella manica di Francesco o, peggio ancora, un ostaggio, ora che i rapporti diplomatici tra Francia e Austria si sono rotti. Devo ringraziare l’ambasciatore russo che ha negoziato le condizioni della mia partenza.»
«Vi capisco, Carlotta, ma non dubitate dell’affetto che l’imperatore nutre per voi. Sarete sempre ben accetta alla sua corte.» Con queste parole Madame de Chanclos chiude la conversazione: «Andate a riposare, Madame! Il viaggio sarà molto lungo domani.» Così l’anziana dama si congeda, un po’ risentita per la mia franchezza e la mia “ingratitudine” nei confronti di chi mi ha liberata dalla prigionia dei rivoluzionari francesi.
Lei non capisce quanto siano stati difficili per me questi tre anni, perché, sebbene io sia stata trattata con tutti i riguardi, sono sempre stata una “sorvegliata speciale”, considerata più come un ostaggio che come un’ospite. In quanto figlia di Luigi XVI, sono sempre stata una presenza imbarazzante per il delicato e precario equilibrio tra le potenze europee. Mi hanno tenuta da parte, reclusa in queste stanze; hanno filtrato le mie visite, controllato la mia corrispondenza, limitato la mia libertà. Ed è stata proprio Madame de Chanclos a occuparsi di tutto questo. Che catastrofe sarebbe successa se fosse venuta a conoscenza del fatto che io scrivevo a mio zio utilizzando il succo di limone per nascondere i miei messaggi, come faceva la famiglia reale al Tempio! Che tragedia se avesse saputo che approfittavo delle brevi uscite con il mio cagnolino Coco, che mi aveva accompagnato in Austria, per comunicare con Hüe mentre passeggiava lungo le mura. Usavamo mille stratagemmi: se Hüe doveva trasmettermi dei messaggi, si grattava l’orecchio, se facevo delle carezze a Coco, era per comunicargli che avevo ricevuto la lettera del re. E altro ancora.
Vado a dormire, aiutata dalla cara Enrichetta che mi dà una mano a svestirmi.
È una lunga notte. Non riesco a prender sonno.
Rivivo gli eventi degli ultimi tre anni trascorsi alla corte austriaca e sogno il futuro che mi attende.
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