Il lato più oscuro di Jane Austen

Il lato più oscuro di Jane Austen

Kristen Bird parla del ventre oscuro del mondo della Austen e di tutti quei lieto fine.

 

Il lato più oscuro di Jane Austen

di ©Kristen Bird
per CrimeReads

Traduzione di Barbara Cinelli

 

Come scrittrice di romanzi suspense, spesso mi immergo a capofitto nelle parti meno gradevoli della psiche umana. Datemi un genio manipolatore o un malvagio rubacuori e sarò felice. Un arrampicatore sociale con un piano leggermente malvagio? Sì, grazie. Troverete questo genere di cose nel mio romanzo d’esordio, The Night She Went Missing.

Non ho spesso l’opportunità di tenere lezioni sui thriller contemporanei, quindi mi piace insegnare ai miei studenti l’importanza di ribaltare un testo sul suo asse, di esaminare i personaggi da più angolazioni, di analizzare in modo critico gli strati di un testo. Attraverso questo processo di capovolgimento, ho scoperto che l’oscurità si annida nei luoghi più inaspettati.

Prendiamo Jane Austen. È una verità universalmente riconosciuta che le sue storie sono a lieto fine, ma nonostante questa inclinazione, la Austen distribuisce anche la giusta dose di cattivi spregevoli, matrimoni terrificanti e persino alcuni spunti da thriller.

Ho fatto la prima incursione nelle storie di Jane Austen da adolescente, guardando l’adattamento di Ragione e sentimento di Emma Thompson, ma è stato solo al college che mi sono tuffata a capofitto nei suoi romanzi. Io e le mie compagne di stanza eravamo delle nerd, che invece di far festa il sabato sera come i normali studenti universitari, preferivano mangiare gelato, raggomitolarsi su un divano logoro e rivedere più volte la versione di Emma di Gwyneth Paltrow, esultando per la conquista del signor Knightley. Forse è stato questo amore per tutto ciò che riguarda la Austen che mi ha impedito di vedere il lato più cupo della sua prosa.

Ci sono voluti una pandemia, il compimento dei quarant’anni e numerosi tentativi di scrivere personaggi complessi per iniziare a vedere le sfumature più cupe dei suoi romanzi, ma ora mi accorgo di come questi elementi siano alla base delle trame di ognuno dei suoi libri, e rendono i suoi personaggi terribilmente umani e le loro motivazioni a volte inquietanti a sufficienza da farmi dubitare di poter leggere di nuovo le sue storie attraverso romantici occhiali rosa.

Jane Austen satireggia i romanzi gotici del suo tempo attraverso l’immaginazione di Catherine Morland in L’abbazia di Northanger. La giovane protagonista spesso confonde i motivi scellerati e le azioni subdole dei personaggi del romanzo che sta leggendo – I misteri di Udolpho di Ann Radcliffe – con la vita reale delle persone con cui si trova. Le allusioni ai “veli neri” e agli “scheletri” hanno lo scopo di ironizzare sulle vibrazioni spettrali dei racconti gotici, ma alcune delle storie di Jane Austen sono persino più inquietanti.

In Mansfield Park, quando lo zio di Fanny torna a casa dopo un lungo periodo di assenza, i giovani sono nel bel mezzo di un’impresa quasi scandalosa: le prove di una commedia sull’amore, il sesso e l’immoralità: “Le promesse dell’amante”. Ma non è questa la parte più sordida della trama. Essa si presenta sotto forma di impegni commerciali di Sir Thomas che viaggia da e verso Antigua, un’isola con una storia a cui la Austen fa vagamente riferimento quando Fanny osserva che le piace sentire lo “zio parlare delle Indie Occidentali”. In effetti, Fanny commenta con naturalezza che “ieri sera” gli ha “chiesto della tratta degli schiavi”.

L’adattamento cinematografico del 1999 di Mansfield Park di Patricia Rozema mostra anche Fanny che trova un quaderno di schizzi pieno di immagini della brutalità di Sir Thomas nei confronti degli schiavi, un momento sorprendente nel film. Sebbene questa scena specifica non sia descritta nel libro, non è difficile immaginare come la regista abbia fatto questo salto logico, dal momento che i molteplici riferimenti all’attività di Sir Thomas ad Antigua non lasciano al lettore alcun dubbio su dove sia stato o sul perché.

Sia la scena del film che i riferimenti ad Antigua nel romanzo mettono in luce la preoccupante verità che sta alla base dell’intero racconto e della trama matrimoniale: la colonizzazione e l’oppressione sono parti importanti delle fondamenta traballanti di Mansfield Park. La ricchezza della famiglia Bertram è stata costruita sulle spalle di uomini, donne e bambini di colore, nonostante l’Impero britannico abbia dichiarato fuori legge la tratta degli schiavi un anno prima dell’ambientazione del libro. Conoscere questa realtà toglie un po’ di romanticismo al matrimonio di Fanny con il figlio di Sir Thomas, Edmund, alla fine. Il lettore più accorto si renderà conto che, quando il nuovo marito di Fanny eredita “la tenuta Mansfield”, lei è ora una diretta beneficiaria della fortuna contaminata dei Bertram.

Oltre alle ambientazioni problematiche, i lettori incontrano una varietà di personaggi inquietanti nell’universo della Austen, uno dei quali è George Wickham, il cattivo di Orgoglio e pregiudizio. Poiché è il cattivo, è naturale aspettarsi da lui un comportamento negativo, e con la seduzione, il rapimento e (in termini odierni) la corruzione di minore, Wickham non delude di certo.

L’uomo, un militare di circa vent’anni, flirta con l’eroina Elizabeth Bennet, guadagnandosi il suo rispetto e la sua benevolenza. Solo alla fine del romanzo scopriamo che ha l’abitudine di portare via giovani donne nella speranza che gli uomini della loro vita lo paghino. In caso contrario, minaccia di rovinare le ragazze e, di conseguenza, le loro famiglie. Entrambe le sue vittime, Lydia Bennet e Georgiana Darcy, hanno quindici anni quando questo furfante si intrufola nelle loro vite.

Andare dietro alle ragazzine di quell’età potrebbe essere giustificato come una convenzione dell’epoca Regency, se non fosse che la maggior parte delle donne si maritava a venticinque anni, non nel periodo dell’adolescenza. Infatti, chi si sposava sotto i ventuno anni aveva bisogno del consenso dei genitori. Sapere questo rende i crimini di Wickham più deprecabili del semplice furto del cuore di una signora o del portafoglio di una famiglia. Invece, vediamo questa realtà: George Wickham la fa franca seducendo ragazze minorenni, essenzialmente rapendole e poi ricattando le loro famiglie. Oggi (spero) queste azioni lo porterebbero in prigione.

Nei romanzi della Austen, il matrimonio – che sia appropriato o meno – è l’obiettivo di ogni donna sotto i quarant’anni. Se grattiamo la superficie del periodo in cui visse, scopriamo subito la triste ragione di questa fissazione: nella maggior parte delle famiglie le figlie erano un peso economico. È vero che Charlotte Lucas, la migliore amica di Elizabeth Bennet, a ventisette anni non può essere esigente in fatto di uomini, ma quando annuncia a Lizzy di aver accettato di sposare il terribile signor Collins, le lettrici di tutto il mondo vogliono saltare nel libro e trattenerla dal farlo. Noi, come Lizzy, siamo sconvolte dal fatto che Charlotte si sia accontentata di un matrimonio senza amore con un uomo ridicolo, ma lei esprime solo sollievo per il fatto di essersi assicurata una casa adeguata senza gravare sulla famiglia.

Forse è necessario che i personaggi principali della Austen siano così concentrati sul matrimonio, dal momento che la maggior parte di quelle donne sarebbero destinate a essere un peso per le loro famiglie, in caso dovessero restare single. Naturalmente, in Emma la Austen ci offre un’eccezione alla regola, sotto forma della ricca Emma Woodhouse, che dice all’amica Harriet che si accontenterebbe di essere una vecchia zitella, poiché “è solo la povertà a rendere quella di nubile una condizione spregevole”, perché “una donna non sposata benestante è sempre rispettabile”.

Tutte le eroine di Jane Austen, nonostante i loro modi unici di affrontare il mondo, hanno una cosa in comune: sono altamente sposabili. Sebbene Lizzy Bennet rida dell’ampia definizione di “signorina istruita” data da Mr. Darcy, la Austen dipinge le sue eroine come fisicamente capaci, spiritose e attraenti, ognuna a modo suo. A volte, i personaggi secondari possono presentare disturbi o limitazioni fisiche – si pensi ai “nervi” della signora Bennet in Orgoglio e pregiudizio o alla malattia ricorrente di Mary Musgrove in Persuasione – ma nessuna delle protagoniste della Austen soffre di tali disturbi.

Consideriamo per un momento i personaggi secondari che sono malati, disabili o, come dire, semplicemente diversi? Perché Anne Elliot in Persuasione presume che suo padre non considererà Mrs. Clay un’amabile compagna perché ha “lentiggini”, “un dente sporgente” e “un polso impedito”? Perché il signor Bennet in Orgoglio e pregiudizio si prende gioco della figlia Mary, che è una lettrice accanita, descrivendola sarcasticamente come una “signorina dedita a profonde riflessioni”? Perché Lizzy Bennet deve descrivere Anne de Bourgh come “malaticcia” e “irritabile”? Nel mondo della Austen, a chi non è bello, spiritoso o bravo viene negato il lieto fine. Forse perché la stessa Austen osservava quel tipo di trattamento all’interno della propria famiglia.

Ho iniziato a fare ricerche sulla vita e sulla famiglia di Jane Austen quindici anni fa, mentre lavoravo al mio master, quindi sono rimasta scioccata nel rendermi conto solo di recente che il suo secondo fratello George fu allontanato a causa di una disabilità. Come ho fatto a non accorgermene? Forse perché George è stato letteralmente eliminato da alcune descrizioni di famiglia, riducendo di uno il numero dei figli, oppure perché non mi sarei mai aspettata un simile comportamento da un’autrice tanto amata.

Sebbene alcuni ipotizzino che George Austen forse non parlava, altri credono che avesse un basso quoziente intellettivo o soffrisse di epilessia. O tutte e tre le cose. Sembra che George sia stato visitato di rado e menzionato poco nelle lettere di famiglia, sebbene gli Austen abbiano provveduto al suo mantenimento finanziario fino alla sua morte, avvenuta all’età di settant’anni.

Okay, quindi, schiavitù, rapimento, matrimoni senza amore, discriminazione di disabili e abbandono familiare. Non è esattamente la lettura leggera che alcuni sperano quando prendono in mano uno dei sei romanzi finiti della Austen. Adoro la Austen e le sono grata per aver incluso le convenzioni del suo periodo, in particolare per aver fatto un cenno agli aspetti più problematici della sua società. Queste inclusioni rendono i suoi personaggi dinamici e le sue trame complesse, anche se a volte vorrei che le sue eroine si ribellassero o iniziassero una rivoluzione.

Credo che gli elementi più oscuri dei suoi romanzi fossero probabilmente i suoi punti ciechi, aree della società considerate normali per il suo tempo, ma dico spesso ai miei studenti che i testi nel corso del tempo sono in conversazione tra loro. Così come la Austen non poteva fare a meno di scrivere attraverso la sua specifica visione del mondo, noi non possiamo fare a meno di leggere i suoi libri nel nostro contesto moderno. È questo contesto più progressista che mi permette di vedere i punti problematici nelle sue storie e nei suoi personaggi, e anche se continuerò ad apprezzare il fatto che tutte le sue eroine hanno il loro lieto fine, so che se osservo con più attenzione, posso trovare lo spaventoso substrato della società Regency.

 

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Autrice: Kristen Bird

 

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