Anteprima – Trappola a Boscolungo – Laura Costantini e Loredana Falcone
Vi lasciamo una piccola anteprima gratuita della nostra prossima uscita!
Stiamo parlando di “Trappola a Boscolungo”, il nuovo giallo di Laura Costantini e Loredana Falcone!
Buona lettura!
Prologo
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La Mercedes SLK si inserì nello spazio tra la Ferrari e il voluminoso SUV con un ultimo, aggraziato ruggito. Lo sportello del guidatore si aprì e ne sgusciò fuori l’eleganza senza tempo di un tailleur nero. La luce smagliante di una mattinata d’ottobre non riuscì a superare l’ombra che la tesa del cappello gettava sul volto di colei che tutti stavano aspettando. Melania oltrepassò la cortina di disapprovazione che l’accolse e varcò il portone della piccola chiesa di Boscolungo.
Le campane suonarono a morto mentre i pochi presenti si avviavano per l’ultimo omaggio a Bartolomeo Zoldan. Erano tre anni che Melania non vedeva suo suocero e deplorò la scelta di esporlo ai loro sguardi, seppur offuscato da un fitto velo bianco. Evitò di soffermarsi su quei lineamenti induriti dalla morte e tenne gli occhi fissi al Cristo cui toccava lo spiacevole compito di accoglierlo tra le proprie braccia. Si segnò e passò oltre.
Nessuno occupò il posto accanto a lei sulla panca annerita. La singola navata era pressoché deserta e i convenuti si disposero quanto più lontano possibile l’uno dall’altro. Il sacerdote fu breve, come se avesse fretta di affidare al suo diretto superiore l’anima di quell’uomo che Boscolungo non aveva mai amato.
Quando la bara, finalmente chiusa, venne trasportata all’esterno, la luce era ancora quella di mezzogiorno.
«Le mie condoglianze, Melania,» la salutò il notaio Reale. «Abbiamo pensato di andare tutti con la mia auto. Come ricorderai, la strada per il cimitero è piuttosto disagevole. Ti unisci a noi?»
Lei lasciò scorrere lo sguardo sugli altri convenuti: suo cognato Guglielmo, la segretaria di Bartolomeo, Clarissa, e uno sconosciuto. L’abito di bassa manifattura non riusciva a nasconderne la naturale eleganza, mentre gli occhiali scuri lasciavano intravedere dei lineamenti raffinati.
«Chi è?» chiese senza fare alcun cenno.
«Si chiama Niccolò Serini e il motivo per cui è qui lo scoprirete domani mattina, all’apertura del testamento di tuo suocero.»
Melania sorrise a mezza bocca.
«Ci mancava il figlio bastardo,» sibilò dirigendosi al SUV.
Il piccolo cimitero di Boscolungo era arroccato su un pianoro che offriva un delizioso scorcio della vallata sottostante. Erano anni ormai che più nessuno veniva sepolto tra quei vialetti profumati di resina. Il privilegio era riservato agli Zoldan. Bartolomeo aveva acquistato in blocco il castello e la cappella di famiglia degli antichi conti Dell’Orco, convinto che sarebbe stato il primo a trovarvi la pace eterna. Il destino lo aveva beffato, costringendolo solo tre anni prima ad accompagnare lassù il suo primogenito, Marco. Melania distolse lo sguardo dalla lapide del marito e incontrò gli occhi verdi di Guglielmo.
«Dipinte in queste rive son dell’umane genti le magnifiche sorti e progressive,» lesse lui soffiando via la polvere dalla foto del fratello. «Mio padre ha sempre odiato i perdenti, eppure amava Leopardi. Chissà quale strofa ha scelto per la propria lapide?»
«Questa domanda non mi toglierà il sonno.»
«Per quello basta la presenza del nuovo arrivato. Ti preoccupa o stai già pensando a come portartelo a letto?»
«Ti concedo un quando. Il come dovresti immaginarlo.»
«Tu sei una che lascia ben poco all’immaginazione, cognata.»
«E tu sei ingombrante, come al solito,» disse scansandolo e incontrando la mano tesa dello sconosciuto.
«Condoglianze, signora Zoldan. Mi chiamo Niccolò Serini.»
Melania non fece nulla per nascondere l’esame cui lo stava sottoponendo e lui lo sostenne senza imbarazzo.
«Mi riservo di aspettare domani mattina per dirle se è stato un piacere.»
Guglielmo sembrava spassarsela sebbene il luogo e la circostanza richiedessero ben altro atteggiamento.
«Io ti avevo avvisato, Nick. Quel tailleur nasconde lucide squame di cobra.»
«Signori,» li interruppe il notaio Reale, «se volete tributare un ultimo saluto al nostro Bartolomeo, questo è il momento.»
L’unica ad avvicinarsi alla bara in procinto di essere calata nella cripta fu Clarissa. La videro passare una carezza sul legno lucido e indirizzare un bacio in punta di dita all’uomo che le aveva assicurato un futuro.
«Vi aspetto in macchina,» sbuffò Melania. «Tanta ipocrisia è troppo anche per me.»
Avevano recuperato le loro auto davanti al sagrato della chiesa e avevano seguito il SUV del notaio lungo i tornanti che salivano al castello di Boscolungo. Nell’attesa era stata imbandita la tavola nell’ampia sala affrescata del piano terra. Niccolò sedette dove gli era stato indicato dal maggiordomo senza riuscire a dissimulare lo stupore per la magnificenza che li circondava.
«Non abbia timore, signor Serini,» lo rassicurò Reale. «Subito dopo pranzo la accompagnerò a fare un giro del castello.»
«Ammetto di essere impressionato, non avevo mai visto nulla di simile.»
«E siamo solo alla sala da pranzo,» intervenne Guglielmo anticipando il maggiordomo e versandosi il vino. «Se Stefano ti vede interessato non ne sarai fuori prima di cena.»
Clarissa impedì la replica del notaio.
«Pier, puoi dire a Maura di servire,» disse senza sedersi. «Sono sicura che le prelibatezze che ha preparato Angelina vi consoleranno della mia assenza. Con permesso.»
Gli uomini ne seguirono l’uscita con lo sguardo. Melania offrì il calice al maggiordomo e bagnò le labbra nel vino.
«Da parte mia la consideravo già sulla strada di ritorno al paesello,» commentò. «Cosa se ne fa un morto di una segretaria?»
Guglielmo, alla sua destra, toccò il bicchiere con il suo.
«Magari mio padre ha disposto per lei un piccolo lascito. Un modo per ringraziarla di essergli rimasta accanto tutto questo tempo. Per tanta dedizione meriterebbe l’intero maniero.»
Melania guardò il notaio, poi si volse al cognato.
«Credo che anche per questo dovremo aspettare lo spettacolino di domani mattina. Conoscevo abbastanza bene mio suocero da poter prevedere qualche simpatico colpo di scena.»
La voce di Niccolò suonò estranea al contesto.
«Io non conoscevo affatto Bartolomeo Zoldan. Non so neanche per quale motivo mi trovo qui. Mi stupisce però che nessuno di voi abbia sentito il bisogno di versare una lacrima. Da quanto ho capito, siete tutta la sua famiglia, ma l’unica che sta soffrendo per la sua morte è una segretaria.»
«Non si lasci ingannare dalle apparenze, signor Serini. Il castello, il milionario morto, c’è perfino il maggiordomo. Ma le assicuro che dietro questa pittoresca scenografia si nasconde il solito banale intreccio di interessi.»
«Melania,» si inserì Reale, «propongo di rimandare a domani ogni considerazione che non sia legata al favoloso arrosto di cervo di Angelina.»
La luce limpida del giorno scemava velocemente oltre le ampie vetrate della sala d’armi, quella dove un tempo il conte Dell’Orco riceveva i postulanti. Bartolomeo aveva rispettato l’architettura e la decorazione del castello, ma aveva rivoluzionato l’uso dell’infinita teoria di stanze che si aprivano una dentro l’altra. Adesso, allo scoppiettio del fuoco nel monumentale camino sulla parete orientale della sala, si aggiungeva lo schiocco delle palle da biliardo che Guglielmo mandava in buca tra un sorso di brandy e l’altro. Melania, in piedi davanti alla finestra, fumava e lasciava vagare lo sguardo sulla corte decorata dal pozzo ottagonale. Lo schermo del telefonino le aveva confermato ciò che già sapeva: a Boscolungo la copertura era completamente assente.
«Devo fare una chiamata,» dichiarò, avvicinandosi all’antica colonna in pietra che sorreggeva un telefono fisso.
«Accomodati,» rispose Guglielmo studiando la posizione delle palle sul panno verde.
«Avrei bisogno di un po’ di privacy,» rimarcò lei.
«Allora sali nel tuo appartamento.»
Melania si voltò a guardarlo.
«Non è a me che dovresti fare la guerra,» disse.
«Io sono pacifista per natura.»
«Niccolò Serini non è un parente alla lontana. Non credo sia mai stato al servizio di tuo padre e l’unica ragione che mi viene in mente per giustificare la sua presenza qui è qualche intemperanza giovanile di Bartolomeo. Se ho ragione, è con lui che dovremo dividere il patrimonio.»
«Mi pareva di aver capito che lo avresti circuito entro stasera. Quindi di che ti preoccupi?»
Melania si servì da bere.
«Quand’è che comincerai a crescere? Domani potrebbero decidersi le nostre vite.»
«Quand’anche ci fosse una dozzina di figli illegittimi, avremmo di che spassarcela tutta la vita.»
«Non vuoi creare qualcosa di tuo?»
Guglielmo sembrò cercare la risposta nella biglia che aveva tra le mani. La voce ne accompagnò il rotolio fino alla sponda del biliardo.
«Ho già tutto quello che mi serve. Compresa una cognata che si vergogna a fare una telefonata davanti a me.»
Melania sospirò, poi si diresse all’apparecchio.
«Non c’è linea,» dichiarò picchiettando sulla forcella.
«Quel telefono risale al secolo scorso. Prova da un altro apparecchio.»
Lei si attaccò al campanello per convocare i domestici.
«Ha chiamato, signora?» rispose sollecito il maggiordomo.
«Pier, c’è qualche problema ai telefoni?»
L’uomo tenne lo sguardo basso mentre rispondeva: «Due giorni fa c’è stato un violento temporale. Temo che sia tutto il paese a essere isolato.»
«Mi stai dicendo che siamo chiusi fuori dal mondo?»
Pier tacque senza avere il coraggio di congedarsi né di prendere un’iniziativa.
«Qual è il problema?» intervenne Guglielmo. «Dopo la lettura del testamento sarai libera di tornare alla civiltà . Se ti ama davvero sopravvivrà un giorno senza il suono della tua voce.»
«Davvero spiritoso. Può andare, Pier, non ci è di nessun aiuto.» Attese che il maggiordomo fosse uscito poi sbottò: «Io vorrei tanto sapere dov’è andato a pescarlo tuo padre un tipo del genere. Secondo me prima di indossare la livrea era un impresario di pompe funebri. È mellifluo, untuoso e repellente.»
Guglielmo sorrise.
«Però è in tono con lo scenario che hai descritto a Nick. L’assassino è il maggiordomo, hai presente?»
«E smettila di chiamarlo Nick, lo conosci appena.»
«Davvero non l’hai riconosciuto?» Melania mise giù la cornetta dopo aver riprovato a telefonare e lui continuò: «È Nick Serio, l’attore di soap opera. Mai visto Non dirmi addio?»
«No, è grave?»
«È che sei troppo vecchia. La mia ultima fiamma non se ne perdeva una puntata.»
«Ti porti a letto le liceali adesso?»
«Universitarie.»
Il timbro profondo della voce del notaio Reale annunciò che la visita guidata era conclusa.
«E questa era la sala d’armi o sala d’onore, dove il conte dava udienza.»
Niccolò non aveva perso lo sguardo di ammirato stupore con cui era entrato nel castello.
«Meraviglioso. Ho sempre cercato di immaginare cosa si provasse a vivere in un antico maniero.»
«Pieno di spifferi,» sottolineò Melania, «e completamente isolato dal mondo. I telefoni sono fuori uso.»
«Sì,» ammise Stefano, «ne ero al corrente. Ma in paese dicono che in un paio di giorni la situazione dovrebbe tornare alla normalità .»
«Buon per loro. Io torno a Roma domani stesso.»
Il notaio si limitò a sorridere, poi si versò un bicchiere di brandy.
«A me non dispiacerebbe passare qualche giorno tra queste mura,» disse Niccolò avvicinandosi al biliardo. «È il posto ideale per rilassarsi.»
«Immagino che le fatiche del set debbano essere sfiancanti,» commentò acida Melania.
«Mi ha visto in televisione?»
«Io? Ho un plasma da sessanta pollici in salotto e non so nemmeno come si accende.»
Guglielmo sentì il dovere di andargli in soccorso.
«La puntata in cui Raffaele assiste al recupero dell’auto di Francesca dal lago è stata straziante.»
«In realtà la mia passione è il teatro. Ma entrare in una compagnia importante è difficilissimo.»
«Magari può approfittarne per ripassare l’Amleto,» suggerì Melania.
«A te come Ofelia non ti ci vedo,» commentò Guglielmo.
«Ma Clarissa sarebbe perfetta per la parte. E il quesito è: ci raggiungerà per cena o resterà in camera a macerarsi nel dolore?»
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