Anteprima – La guerra della Contea di Patience – Soren Petrek

Anteprima – La guerra della Contea di Patience – Soren Petrek

Vi lasciamo una piccola anteprima gratuita di una delle nostre prossime uscite, il quarto volume della serie Madeleine Toche, La guerra della Contea di Patience.

 

Introduzione

Due detective, da un’auto di pattuglia in incognito, osservarono un uomo entrare nel magazzino fatiscente. Il tessuto della tuta spiegazzata che indossava si tese sotto il corpo muscoloso dell’autista, mentre il suo compagno più anziano si sistemò comodamente sul sedile del passeggero, aspettandosi un lungo appostamento. Alcuni giovani gironzolavano all’angolo vendendo droga. La strada era degradata, sporca e pericolosa. Non sarebbe passato molto tempo prima che qualcuno notasse i due poliziotti.
«È questo il posto giusto?» chiese Roger Mills al suo collega, guardando attraverso il parabrezza sudicio.
«Deve esserlo per forza, quello era David Prince,» disse Sam Trunce, indicando con la sua tazza di caffè oltre il volante, in direzione della porta che si stava chiudendo.
«Non ho visto bene.»
«Ho assistito a quattro giorni di processo. Conosco i miei polli. L’unica testimonianza onesta che ha dato è stata il suo nome. Oltretutto, si sapeva già come sarebbe andata a finire quando il giudice ha buttato via la droga che abbiamo trovato. No, è proprio lui.»
«Comunque, non puoi incolpare il giudice. Hai mandato Prince fuori strada e l’hai picchiato con le prove, davanti a un gruppo di testimoni. Ora non fraintendermi, mi è piaciuto, ma in generale, una buona operazione di polizia non comporta colpire il sospettato con una valigia piena di eroina e urlare “incriminali, Dano” quando arrivano i colleghi in uniforme. Non ha funzionato bene in tribunale,» disse Mills, agitando un dito verso il suo partner mentre sorrideva ironico.
«Va bene, è vero, mi sono fatto prendere la mano, ma aveva diversi chili di una “sostanza polverosa” nel bagagliaio.»
«Tecnicamente ce l’aveva, ma quando l’hai visto per la prima volta, hai avuto solo la sensazione che trasportasse della droga nel bagagliaio, ed è quello che hai detto al giudice. Non puoi essere così schietto; devi rimaneggiare un po’ la verità durante le udienze per cause probatorie. Sai, dare al giudice una descrizione “accurata” della totalità delle circostanze.»
«Odio quella dannata parola, “tecnicamente”. Tecnicamente, questo stronzo traffica enormi quantità di stupefacenti e se potesse la venderebbe ai bambini della scuola materna.»
«Beh, amico, quello che so è che non puoi picchiare un ragazzo con una borsa piena di droga nel bel mezzo della città e considerarlo un ottimo arresto,» disse Mills calciando da parte un involucro di hamburger e inorridendo per il disordine generale all’interno del veicolo. «Come sei diventato così grande e forte mangiando tutta questa merda?»
«Cosa? Questo è cibo da appostamento. Inoltre, puoi permettertelo se vai in palestra,» rispose Sam toccando delicatamente la pancetta del suo partner più anziano.
«Sì, vero, la tua macchina puzza proprio di palestra.»
«Forse, ma è ora di andare a dare un’occhiata.» Sam afferrò la maniglia della portiera. «Questa volta, ti garantisco che vedrò qualcosa per fargli causa quando mi affaccerò alla porta.»
«Sam, come tuo amico che si avvicina all’importante traguardo del pensionamento, ti consiglio di trovare qualcosa di concreto lì dentro. Mucchi giganti di droga in bella vista sarebbero la cosa migliore.»
«Ho imparato la lezione l’ultima volta, Roger. Parola di Scout,» esclamò Sam, alzando le dita nel saluto dei Boy Scout, accompagnato da un sorriso.
«Ti garantisco che non sei un Boy Scout,» disse Mills con una risatina.
«Ero un esploratore nell’esercito.»
«Ricordati, non puoi rifilare le tue cazzate da “Forze Speciali” a tutti quelli che non ti piacciono, Sammy.»
«Starò attento. Se sembra un posto poco sicuro, te lo farò sapere prima di entrare così puoi chiamare rinforzi. Se non c’è niente, uscirò subito e lo prenderemo un altro giorno.»
«Va bene, starò al gioco. Farò il portiere dall’altra parte. Niente merda da cowboy. Sono troppo vicino alla pensione per stare di fronte alla scrivania del capo col mio cappello in mano, cercando di spiegare perché ho assecondato una mossa stupida. Vai a dare un’occhiata, io lo chiamerò e lo avvertirò nel caso ne avessimo bisogno.»
«Ci vediamo all’interno, socio,» disse Sam scivolando nell’ombra del muro più vicino per nascondere il suo intento alle poche persone che passavano per strada.
Avanzò lungo il lato dell’edificio e poi in un passaggio stretto, muovendosi con cautela, determinato a fare un’impresa da manuale. Si avvicinò a una porta leggermente socchiusa e guardò all’interno. C’erano tre uomini nella stanza, l’uomo che aveva seguito dentro e uno più basso, che a turno picchiavano un terzo ragazzo legato a una sedia. Sam riconobbe l’uomo più piccolo come Martin Thompson, un delinquente che anni prima era stato assolto da un’accusa di omicidio, uno degli scagnozzi più cattivi di Prince. Sam si posizionò in modo da poter tenere d’occhio Thompson. Prince si allontanò dalla vista mentre Thompson si avvicinava per prendere il suo posto.
«Fallo fuori,» mormorò Prince come se stesse ordinando una tazza di caffè.
Sorridendo, Thompson ringhiò: «Guarda, David, questo figlio di puttana ha lasciato del sangue sulla mia manica.» Estrasse una pistola dalla cintura e cominciò a puntarla contro l’uomo accasciato sulla sedia. Mentre Thompson tirava indietro il cane dell’arma, Sam afferrò la 45 dalla fondina sulla spalla, spalancando la porta mentre si fiondava dentro. Senza esitazione, sparò prendendo Thompson al petto mentre puntava la pistola nella sua direzione. I grossi proiettili calibro 45 colpirono Thompson come mazze, facendolo indietreggiare con la loro forza d’urto. Prince infilò la mano nella tasca del cappotto e prese la sua arma.
«Ti prego, fallo,» lo pregò Sam puntando la pistola al torso di Prince, «possiamo farla finita subito e risparmiare un sacco di soldi ai contribuenti.»
Prince alzò lentamente le mani dai fianchi tenendole all’altezza delle spalle mentre fissava Sam con un misto di odio e indecisione, furioso per essere stato scoperto.
«Se osi muovere le mani, per prima cosa ti sparo al ginocchio. Non ti piacerà, te lo assicuro,» disse Sam avvicinandosi a Prince, mentre con la scarpa calciava la pistola di Thompson fuori dall’area circostante. «Ora, signor Prince, per quale motivo un brav’uomo come te sta tentando di uccidere un ragazzo nella mia città?» chiese Sam, mantenendo l’attenzione su di lui mentre il corpo di Thompson sussultava per poi immobilizzarsi. «È morto,» disse Sam facendo un cenno del capo in direzione di Thompson, mentre con la mano sinistra estraeva una seconda pistola da una fondina legata in vita. Le puntò entrambe sull’uomo di fronte a lui.
«Te lo devo, poliziotto, colgo l’occasione per dirtelo: sei un figlio di puttana morto!» asserì Prince sogghignando. Quasi impercettibilmente, la sua postura cambiò mentre i suoi occhi si spostavano in direzione di una porta laterale.
All’ultimo secondo, Sam si rese conto che qualcosa non andava. Se fosse stato solo, Prince avrebbe tentato di scappare quando Sam aveva fatto irruzione nella stanza o cercato di raggiungere più velocemente la sua arma. Non era da solo. Attraverso una porta alla sinistra di Sam, tre uomini corsero nella stanza con le pistole puntate contro di lui. Esitarono, vedendo le mani di Prince in aria.
«Bene, poliziotto, cosa hai intenzione di fare ora?» chiese Prince iniziando ad abbassare le mani, guardando oltre la spalla sinistra di Sam.
«Abbassa le mani e ti sparerò adesso, ma non al ginocchio,» rispose Sam fissando gli occhi di Prince. «Posso anche essere circondato, Hoss, ma questo significa solo che abbiamo una decisione da prendere,» aggiunse aggiustando la mira. «Raccomando ai ragazzi dietro di me di prendersela comoda. Non sono entrato qui dentro da solo.»
«Bel tentativo. Ho qualcuno all’angolo e se all’esterno ci fosse un gruppo di poliziotti lo sapremmo.»
«Sono già dentro,» disse Sam.
«Sì e tra poco guarderanno il tuo culo morto, stronzo,» sibilò Prince con un sorriso storto.
«Non andrà in quel modo. Prenderò te e un paio di quei ragazzi,» minacciò Sam facendo un gesto con la testa. «Esatto ragazzi, sono delle Forze Speciali, ucciderò alcuni di voi, ve lo garantisco. Magari mi feriranno, ma ti prenderò.»
Gli uomini di fronte a Sam si scambiarono un’occhiata e guardarono Prince, aspettandosi che facesse una mossa o dicesse qualcosa. Non avevano fretta di iniziare a sparare e Sam percepiva la loro esitazione.
Lo spacciatore guardò attentamente il grosso poliziotto che gli puntava alla testa una pistola altrettanto grossa: non era affatto spaventato. Ovviamente, non era la prima volta che gli veniva puntata contro un’arma. Calcolò mentalmente il tempo di detenzione per l’enorme quantità di eroina nella stanza accanto, in aggiunta al tentato omicidio e resistenza all’arresto. Non gli importava davvero se i suoi uomini scappavano, poteva assoldarne altri, gli interessava soltanto andarsene e portare con sé le sue droghe. Decise in un attimo e si tuffò di lato.
Sam si girò e si mosse, spostando il peso e il busto per confondere la mira degli uomini dietro di lui. Ne vide tre e sparò a due di loro, poi fece partire un colpo per disturbare la mira del terzo. Quelli risposero selvaggiamente al fuoco e molti colpi andarono a vuoto. O almeno la maggior parte. Sam fu colpito contemporaneamente nella parte superiore del torace e nella gamba da proiettili di grosso calibro. Percepì l’impatto dei proiettili senza provare dolore. Rotolò e si avvicinò agli aggressori con la sua Sig-Sauer e la sua 45. Sparò diversi colpi e fece fuori i due uomini che si trovavano davanti a lui. Fu solo troppo lento perché uno di loro riuscì a far partire un colpo che lo colpì sulla guancia e lo ferì, facendolo cadere di nuovo sul pavimento.
Tutti nella stanza erano a terra. Del fumo aleggiava nell’aria, che puzzava di polvere da sparo e di uomini morti. Coricato sulla schiena, Sam ruotò la testa meglio che poté per controllare se c’era del movimento. Era tutto quello che riusciva a fare. Vide che gli altri uomini erano a terra e immobili, ma Prince non era tra loro. Merda, aveva mancato di nuovo il bersaglio. Si alzò sentendo una lacrima rigare il lato destro del suo viso. Il sangue gli colava dal mento sul collo mentre cercava di contare il numero dei fori che aveva. La sua testa era bagnata di sangue, e sentiva una pozza che si allargava lentamente dalla parte superiore del suo corpo. Per un attimo, la sua mente si concentrò quando sentì l’enorme arma Dirty Harry di Mills esplodere tre volte, a cui seguirono un grande tonfo e poi il silenzio.
«Hai perso, Prince!» sputò dalla bocca lacerata; il sangue schizzava fuori a ogni parola.
Mills corse nella stanza e vide Sam sul pavimento coperto di sangue.
Gridò: «Agente ferito!» in una radio portatile mentre si affrettava al fianco di Sam, riponendo la pistola nella fondina e notando i morti sparsi per la stanza.
«Grande stupido bastardo. Farai meglio a non morire davanti me, soldato!» lo ammonì Mills mentre cadeva in ginocchio, strappando la camicia di Sam.
Sam girò la testa e guardò Roger. Lo sentì, ma era come un sussurro lontano. Sapeva che doveva concentrarsi per restare sveglio. Sentiva le mani di Mills su di lui, che lavoravano per fermare l’emorragia. Roger non aveva mai parlato di quando aveva lavorato come medico in Vietnam, nemmeno al suo collega.
«Scusa, Roger, sembra che io abbia fatto di nuovo una cazzata,» disse Sam allungando la mano per toccargli la gamba. Si sentiva come se si stesse sgonfiando e Roger sembrava l’unica cosa solida nella stanza.
«Stanno arrivando gli elicotteri, ragazzone, un letto con le lenzuola e le infermiere. Tu stai con me. Non è niente di grave.» Mills era stato in giro per molto tempo. Le sue mani erano abili ed esperte mentre operava per mantenere in vita Sam.
A Sam parve buffo come le parole non sembrassero neanche lontanamente fuori luogo. Il tono di Mills era rassicurante e confortante, come un fratello o un migliore amico. Si rilassò un po’, ma sapeva di aver fatto un pessimo lavoro. Maledetti spacciatori, pensò.
«Di’ ai miei genitori che gli voglio bene. John Trunce, Patience Missouri,» mormorò Sam sentendosi mancare. Alzò lo sguardo su Mills e vide un misto di compassione e determinazione. Forse sarebbe morto, forse no, pensava. A lui non sembrava importare.
«No, Sam. Col cavolo che mi lasci qui. Non puoi morire oggi,» disse Roger guardandolo direttamente negli occhi.
Il personale medico di emergenza e diversi agenti in uniforme entrarono correndo nella stanza. Sam scivolò verso l’oblio. Mills era ancora al suo fianco quando tutto si fece buio.
***

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