Anteprima gratuita – Per la brughiera – Martina Tozzi

Per la brughiera

Anteprima gratuita – Per la brughiera – Martina Tozzi

Anteprima gratuita della nostra prossima uscita, il romanzo storico di Martina Tozzi, Per la brughiera. Buona lettura!

 

Capitolo 1

 

15 settembre 1821

Maria, (…) how much enhanced is all this bliss to me

Since it is shared, in mutual love, with thee!

(Patrick Brontë) 

La canonica dominava dall’alto il paese. Per raggiungerla, era necessario arrampicarsi su per la stretta e acciottolata strada principale di Haworth fino a che non si arrivava a quella che era, a tutti gli effetti, l’ultima casa del villaggio. Davanti alla canonica c’era la chiesa, di cui suo marito, Patrick, era il parroco.  Su un lato, il cimitero, con le sue tombe in pietra grigia e le lapidi pietose che vegliavano il sonno dei morti. Oltre, la selvaggia brughiera, con i cespugli e l’erba selvatica, e un cielo sconfinato a sovrastarla. Non era l’estate il periodo per vederla fiorire, né la primavera. Era poco prima dell’inizio dell’autunno che quella landa si ricopriva di meraviglia, e in ogni dove appariva festoso il violetto dell’erica in fiore.
Il vento non smetteva mai di soffiare. Rombando, riempiva i due piani dell’abitazione, e la notte, quando tutto era in silenzio e immerso nel sonno, il suo ansimare raggiungeva ogni anfratto, come l’onda del mare che assale la spiaggia.
Le mancava il mare. Chiudendo gli occhi, Maria riusciva ancora a vedere la danza delle onde sulla spiaggia di ciottoli a Penzance, la città dove era nata e cresciuta. Una volta, quando erano bambine, lei e sua sorella Charlotte avevano trovato una grossa conchiglia rosea. L’avevano stretta tra le mani e ammirata come un tesoro, e poi l’avevano appoggiata contro l’orecchio. Il rombo che avevano udito non era diverso da quello del vento che ora riempiva e gonfiava quell’austera casa georgiana di mattoni grigi, dalle finestre rettangolari affacciate sul verde sterminato della brughiera. Se chiudeva gli occhi – e gli occhi ormai si chiudevano troppo spesso senza che lei ne avesse l’intenzione – si trovava di fronte il mare, l’azzurro che si tingeva di rosa alle luci dell’alba, le onde increspate che riflettevano i raggi dorati del sole. Poteva scorgere chiaramente anche la sagoma del castello di St Michael’s Mount, che si stagliava su un isolotto proprio davanti alla costa. Non si era mai soffermata a riflettere su quanto le mancasse quell’immensa distesa d’acqua accanto alla quale era cresciuta. C’era sempre stato troppo da fare per fermarsi a tirare il fiato. Era stata una vita intensa, la sua. Ne aveva passate tante. Gli eventi l’avevano portata dove non avrebbe creduto, e raramente le cose erano andate come aveva pianificato.
Quando viveva a Penzance con i suoi genitori e i suoi fratelli, l’esistenza che conduceva la appagava al punto che sperava che niente sarebbe mai cambiato. Avrebbe volentieri fissato nell’eternità quei momenti: il sorriso dolce della mamma, la mente vivace di papà, le risate con le sorelle, le lunghe chiacchierate con le amiche. Quando i suoi genitori erano morti, tutto era cambiato. Non c’erano molti soldi, e dopo qualche anno Maria aveva lasciato l’amata e conosciuta Cornovaglia per andare ad aiutare gli zii Jane e John Fennell nella gestione della Woodhouse Grove School. Quando era arrivata, lo Yorkshire non le era sembrato molto allettante. Sentiva la mancanza del mare sopra ogni cosa. Ma poi aveva conosciuto il signor Brontë – Patrick – e tra loro era subito scattato qualcosa di inspiegabile. L’amore! Quanta importanza in un’emozione invisibile e indefinibile con parole umane! Tutta la sua vita era fondata su quella semplice parola.
Era stato un bel matrimonio, il loro. Avevano avuto sei figli, sei bellissimi bambini, e tutti godevano di buona salute – questa era la sola cosa importante. I suoi genitori avevano messo al mondo dodici pargoletti, ma solo sei erano cresciuti fino a diventare adulti. Maria aveva pregato ogni giorno e ogni notte perché ciascuna di quelle creature, che lei aveva nutrito nel suo grembo fino a che non era stata pronta a vedere la luce, fiorisse e potesse godere di molti giorni felici e colmi di benedizioni. Da quando aveva stretto per la prima volta al seno la sua primogenita, il suo solo desiderio era stato quello che alla piccola fosse concessa una vita serena. Aveva scoperto di possedere un lato fiero, tenace, e aveva sentito che sarebbe stata disposta a ogni cosa per proteggere quella piccola vita che lei e Patrick avevano generato.
Avevano vissuto a Hightown, e poi a Thornton, e infine, nell’aprile dell’anno precedente, erano approdati a Haworth. Scendendo dalla carrozza che li aveva condotti fino alla porta della canonica, Maria aveva fatto attenzione a non svegliare l’ultima nata, addormentata tra le sue braccia, e si era guardata intorno piena di speranza. Sarebbe stata felice in quel luogo, ne era sicura.
I suoi bambini. Il cuore le si stringeva, adesso, pensando a loro, e non per l’amore, ma per il dolore. Cosa ne sarebbe stato dei suoi bambini? La maggiore, Maria, aveva sette anni, e da quando la malattia aveva colpito la madre era diventata più seria e responsabile che mai. Si occupava dei fratelli minori, che la seguivano pieni di fiducia. Non era quello che desiderava per lei, non era quello che le augurava, che ancora nell’età in cui si sarebbe dovuta dedicare ai giochi infantili divenisse una figura di riferimento per qualcun altro.  Era molto posata ed era intelligente per la sua età, e Maria, sua madre, riponeva grandi speranze nel suo futuro. Poi c’era Elizabeth, di appena un anno minore, con i vivaci occhi castani e il sorriso birichino, che le domandava ancora e ancora di raccontarle la sua storia preferita. Ora Maria era troppo stanca per accontentarla, ma sua sorella Elizabeth (proprio in onore della quale era stata chiamata la sua secondogenita) le garantiva che si sarebbe occupata personalmente di raccontargliela, intanto che lei si riposava. A letto, però, Maria non riposava mai davvero. Il dolore la accompagnava costantemente, un dolore così forte da togliere il fiato. I medici le davano delle pozioni per intontirla, per non farla soffrire tanto e inutilmente, perché per la sua malattia non c’era cura e tutti sapevano che fatale sarebbe stato l’esito. Maria così sprofondava in un torpore penoso che non era un vero sopore. I suoi bambini, i suoi bambini… Sarebbe stato così semplice abbandonarsi, farsi cullare dalla morte fino al sonno della pace. Lei però non poteva. I suoi figli la tiravano lontano dal cielo, la tenevano ancorata alla terra.
Charlotte. La sua piccola Charlotte di poco più di cinque anni, che la guardava con degli enormi ed espressivi occhi brillanti, la scrutava e non diceva nulla. Maria poteva leggere dentro quello sguardo come si legge la pagina di un libro, e vedeva la paura che si era annidata nell’animo della sua terzogenita. Charlotte aveva bisogno della sua mamma, di sapere che ci sarebbe stata. Era una bambina curiosa, un’avida osservatrice, e Maria sapeva che mille domande le riempivano la testa coperta di fitti ricci castani. Lei non poteva darle le risposte che desiderava sentire, e questo le spezzava il cuore.
Poi, Branwell. L’unico maschio della famiglia, intelligente, vivace, chiacchierone, che si faceva rapidamente perdonare ogni marachella semplicemente sfoderando il suo adorabile sorriso. Aveva gli occhi scuri, i capelli rossi ereditati dal ramo irlandese ed era così tenero ed espansivo che Maria non riusciva mai a essere severa con lui. Ora che era ammalata, un paio di volte era riuscito a eludere la sorveglianza della zia e a sgattaiolare dentro la stanza dove lei giaceva, per arrampicarsi sull’alto letto e rannicchiarsi contro la sua spalla come un cucciolo stanco. Si era addormentato subito, come suo solito, e Maria era rimasta ad ascoltare il suono regolare del suo sospiro nel sonno e respirare l’odore familiare dei suoi folti capelli. Il suo piccolo, amato Branwell.
Emily aveva compiuto da qualche settimana tre anni. Anne ne aveva meno di due. Maria osservava le loro guance ancora rotonde per la prima infanzia, poggiava gli occhi sulle loro dita grassottelle e non poteva neanche provare a indovinare le donne che sarebbero diventate. Erano due piccine che allungavano le mani per farsi prendere in braccio e cullare. Molto presto, si sarebbero dimenticate di lei.
Maria non temeva la morte. Aveva recitato le preghiere per tutta la vita, conosceva a menadito la Bibbia, suo marito era un pastore della Chiesa d’Inghilterra: sarebbe stata un’ipocrita se avesse davvero nutrito dei dubbi su quello che c’era dopo ad aspettarla. Aveva fiducia nel Signore. Ma le sue vie erano imperscrutabili, e mentre giaceva insonne e sudata nel suo letto di morte, non poteva rivolgere lo sguardo verso il cielo, verso l’eterno cui era destinata la sua anima invincibile. Il cuore la incatenava alla terra.
I suoi bambini. Da quando le era stata diagnosticata quella malattia tremenda, Maria non era riuscita a pensare ad altro. I suoi bambini. Cosa ne sarebbe stato dei suoi sei amatissimi figli, di sei orfani senza una madre? Aveva pregato Dio, lo aveva implorato di risparmiarla. Non era per la sua vita che si preoccupava, non era perché era troppo legata alle gioie della terra che piangeva e implorava che l’Altissimo la ascoltasse. Ma i suoi bambini. Chi avrebbe curato le ginocchia sbucciate di Emily e Anne, chi avrebbe vegliato il sonno di Branwell, chi avrebbe risposto alle domande di Charlotte, chi avrebbe raccontato a Elizabeth la sua storia preferita, chi avrebbe permesso a Maria di vivere in maniera spensierata e gioiosa la sua infanzia?
Quando sua madre era morta lei era già uscita da un pezzo dalla fanciullezza, eppure il suo cuore non aveva mai provato un dolore paragonabile a quello. Sapeva che in cielo l’avrebbe incontrata di nuovo, credeva sorretta da una fede sincera che si sarebbero riabbracciate nella gloria di Dio, un giorno, eppure quello non era stato un pensiero consolante quando aveva visto la bara contenente i resti mortali di sua madre mentre veniva calata sotto terra. Era stato un dolore troppo forte anche solo per poterlo rievocare, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per risparmiare quella sofferenza ai suoi bambini.
L’estate stava finendo. Le lunghe giornate iniziavano ad accorciarsi visibilmente, il freddo a impadronirsi di nuovo di quella terra. Era stato difficile per lei, all’inizio, abituarsi al clima dello Yorkshire. In Cornovaglia le estati erano più calde, e gli inverni molto più miti, tanto che in pieno febbraio fiorivano le camelie. Le ricordava bene, rammentava i loro esuberanti petali rosa che si schiudevano sotto il sole. Sentiva un carico pesante sul cuore. Non avrebbe visto un’altra primavera.
E non si trattava della sola cosa che si sarebbe persa. Non avrebbe visto sbocciare la promessa che era nei suoi figli. Non c’era molto altro tempo per vederli, per toccarli, per essere parte della loro vita. Oh, sì, solo la sua esistenza terrena si sarebbe conclusa, l’aspettava l’eternità del paradiso, e ovviamente avrebbe potuto guardarli ancora, e vegliare su di loro. Patrick glielo aveva ripetuto continuamente in quei mesi di malattia, da quando il medico, cercando di nascondere una smorfia, aveva sentenziato:
«Si tratta di cancro all’utero, signora Brontë. Mi dispiace.»
Patrick le aveva raccontato le meraviglie del cielo come se le avesse viste con i propri occhi, e le aveva sussurrato all’orecchio:
«Sii coraggiosa, Maria. A cosa serve avere fede in Gesù se poi non confidiamo nel suo operato? Fidati del progetto che ha in serbo per te e per noi.»
Sul pulpito della chiesa di san Michele e tutti gli Angeli, dal quale suo marito predicava ogni domenica per un’ora esatta, si poteva leggere una citazione dalla lettera ai Filippesi: per me il vivere è Cristo, e il morire guadagno. Ma come poteva essere un guadagno, per una madre, morire quando sei giovani vite dipendevano da lei?
Sì, credeva fermamente che avrebbe potuto continuare a vederli, dal cielo. Ma loro non avrebbero potuto vedere lei! Come, allora, avrebbe potuto aiutarli, consolarli, consigliarli? Come avrebbe potuto insegnare loro ad amarsi, come avrebbe potuto sussurrare al loro orecchio parole di conforto?

 

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