Anteprima gratuita – L’essenza del delitto – Linda Ladd
Vi lasciamo una piccola anteprima gratuita della nostra prossima uscita, il sesto volume della serie Claire Morgan di Linda Ladd: L’essenza del delitto. Buona lettura!
Prologo
L’uomo che terrorizzava
L’uomo che terrorizzava comprese per la prima volta che gli piaceva spaventare la gente a dodici anni. La sua vittima preferita era la sorellina, perché aveva solo sei anni ed era piccola per la sua età. Una notte, sul tardi, si intrufolò nella stanza dove Mandy dormiva in pace, russando con piccoli soffi e sbuffi a causa delle sue allergie, tutta rannicchiata sotto le coperte con il coniglietto di Pasqua rosa di peluche e le sue tre Barbie preferite. Prima, quello stesso giorno, lui aveva battuto la boscaglia che fiancheggiava il bayou finché non aveva catturato un minuscolo serpente giarrettiera nero. Perciò in quel momento, dopo tanta attesa, era giunta l’ora dello spettacolo.
Sorridendo, nel tentativo di non ridere in anticipo, aprì il sacco di plastica bianco del supermercato Kroger e gettò il piccolo rettile che si contorceva sul cuscino rosa di Mandy, quello con Cenerentola. Emise un forte sibilo per farla svegliare e poi si diresse verso la porta. Ma il serpente era già scivolato sulla bambina, proprio sopra il suo petto. Lui si fermò in corridoio e rimase in attesa, con i nervi che formicolavano. La luce notturna di Biancaneve era accesa accanto al letto e, quando la bambina si mise a sedere, tutta arrossata dal sonno, posò subito gli occhi sul serpente che si dimenava sulla coperta. Mandy si lasciò sfuggire un urlo incredibile. Con ogni probabilità se l’era anche fatta addosso, pensò lui mentre tornava di corsa nella sua stanza, pronto a mettere in scena la migliore recitazione della propria vita.
La lezione che apprese quella notte fu che, se agiva con attenzione, pianificando in anticipo, avrebbe potuto compiere cose orribili e farla franca. Si trovava a letto, nella sua camera, quando i genitori si precipitarono in corridoio per vedere cos’era successo alla loro piccolina. Si alzò di nuovo, simulando sonnolenza e preoccupazione come l’angelo che non era, mentre dentro di sé stava ridendo di gusto, ricordando il terrore assoluto sul viso della sorella.
Ma per sfortuna, decise di tornarsene a letto subito dopo e far finta di non curarsi del dramma di Mandy. Così finì per perdersi tutte le urla, i singhiozzi e le scene isteriche, per non parlare degli sforzi frenetici e ridicoli di suo padre mentre cercava di afferrare il serpentello. La verità era, ovviamente, che non aveva voluto far male alla sorellina. Voleva molto bene a Mandy; era la cosetta più preziosa del mondo. Però amava di più vedere la paura assoluta sul suo viso, ed era la santissima verità. In effetti, adorava l’angoscia stupefatta che faceva contorcere la faccia della gente quando si spaventava. Fintanto che erano del tutto terrorizzati e lo davano a vedere, a lui stava più che bene.
Vivamente seccato di non aver avuto la possibilità di assistere al calvario di un’ora nel cercare di far riaddormentare la piccola, giurò a se stesso che in futuro non avrebbe più nascosto la sua ossessione segreta. Un giorno, da qualche parte, avrebbe trovato qualcuno da tormentare a suo esclusivo piacere, senza più perdersi nemmeno una lacrima o un grido o un tentativo di sfuggire a un pericolo mortale. Avrebbe pianificato e pianificato, e ancora pianificato, fino a godersi tutto ciò senza il timore di essere catturato, punito o messo in castigo. Sì, sarebbe stato meraviglioso. Oh, sì. Non stava più nella pelle.
E quel giorno arrivò molto prima del previsto, dopo che zia Pamela e zio Stanley vennero a trovarli per il week-end, poiché portarono anche il figlioletto, Donnie, che aveva soltanto diciotto mesi. Il lato positivo era che il piccolo non sapeva ancora parlare. Nemmeno una parola, a parte qualche balbettio tipo dadada o mamma. Sì, sarebbe stata proprio la vittima perfetta, con quei boccoli rossi, gli occhioni blu e il visino paffuto da angioletto. Mamma e papà lo amavano così tanto da stravedere per lui, coccolandolo e viziandolo e baciandolo in continuazione, come se fosse il più bel bambino mai nato. Già, era tutto un “il piccolo Donnie lì”, “il piccolo Donnie là” e, ancora, “il piccolo e meraviglioso Donnie”, bla bla bla. Assolutamente disgustoso.
Diavolo, i suoi genitori non lo avevano mai trattato in quel modo: da prezioso angioletto. Beh, certo, lui non lo era. Era il diavolo, sì, e ne andava fiero, o magari era più come quei demoni assassini che aveva visto nei film dell’orrore. Non aveva mai ucciso o fatto impazzire nessuno, non ancora, almeno, ma non escludeva di riuscirci in futuro. Di sicuro non il piccolo Donnie, non ancora. Era troppo piccolo, dolce, innocente e poi era suo cugino, dopotutto.
Quando gli adulti decisero di andare a una cena danzante al country club, divenne euforico e si offrì subito di fare da baby-sitter ai due bimbi. I suoi genitori e gli zii pensarono che fosse davvero un ragazzino affettuoso e amorevole, cosa che gli diede un grande vantaggio sull’avere le piccole vittime da tormentare; per non parlare di come se la ghignò tra sé e sé davanti alla stupidità degli adulti. Sua sorella, per ovvi motivi, supplicò i genitori affinché la portassero con loro, cosa che non successe, ovviamente. Ma lei non avrebbe spifferato niente: l’aveva già spaventata a morte tempo prima, dicendole cosa succedeva a chi faceva la spia. Perciò, non appena i grandi se ne andarono, Mandy corse di sopra a nascondersi sotto il letto, dove lui non l’avrebbe toccata se non usando un manico di scopa. Non importava. Dopotutto, aveva una vittima migliore da stuzzicare.
Al piccolo angioletto Donnie non importava di rimanere da solo con lui, per niente. Anzi, gli corse subito incontro con le sue robuste braccine spalancate, come se volesse essere preso in braccio. Perciò lo tirò su e lo fece girare intorno, facendolo ridere di gioia. Ma poi, pochi istanti dopo, avvertì il bisogno, quello a cui non riusciva più a resistere, che non poteva più controllare. Ridendo, lanciò il bimbo in aria e all’improvviso gli urlò dietro come una banshee. Per un attimo, il bimbo lo guardò confuso, ma poi sporse le labbra e si mise a gridare. Il ragazzino che amava terrorizzare prese il cuginetto e lo coccolò, lo cullò, fino a quando non smise di piangere e ritornò a essere felice.
Una volta che il piccolo Donnie fu calmo, lo mise giù e lasciò la stanza alla ricerca di qualcosa da mangiare. Al suo ritorno, il bimbetto si stava divertendo con un giocattolo fatto di buchi in cui inserire palline colorate per ascoltare la musica. Il ragazzino che amava terrorizzare sgattaiolò alle spalle del piccolo ed esclamò Buu! più forte che poté. Il cuginetto si irrigidì, poi urlò in modo così stridulo da spingerlo a coprirsi le orecchie.
«Ehi, ehi, va tutto bene, tesorino. Non volevo spaventarti, sssh, piccolino,» canticchiò, abbracciando il bambino, e si sedette sulla sedia a dondolo accanto al camino. Donnie si calmò in fretta, con tutta probabilità perché si sentiva di nuovo al sicuro. Il ragazzino continuò a cullare il cuginetto che, nella maggior parte del tempo, era davvero adorabile. Ma c’era qualcosa negli occhi delle persone, quando le spaventava, che lo eccitava. Era come se si pietrificassero per alcuni attimi, tutti rigidi come statue e sotto shock, e poi il loro cervello gridava: «Ehi, scappa, scappa, vai subito via da qui!»
Oh, sì, lui aveva un sacco di malizia crudele e premeditata, proprio come dicevano quegli avvocati negli show televisivi. Gli piacevano quei programmi e poi era anche intelligente, già, proprio come sentiva dire da quei legali in TV. Aveva il massimo dei voti in tutte le materie. Magari un giorno avrebbe fatto l’avvocato. In ogni caso, quella particolare espressione gli piaceva; si srotolava alla perfezione sulla sua lingua e lo faceva stare bene. Aveva cercato la definizione nel dizionario giuridico, giusto per assicurarsi che fosse appropriata, ed eccola lì, nero su bianco, messa lì per lui. Malizia crudele e premeditata: stato mentale depravato e malvagio in cui la persona non si cura delle vite e del benessere altrui.
Okay, lo aveva proprio quello stato mentale depravato e malvagio. Forse avrebbe fatto meglio a chiamarsi Malizia, o Malvagio, darsi un soprannome simile a quello dei cattivi che si scontravano con i supereroi nei fumetti. Perché era ciò che provava quando terrorizzava le persone: pura crudeltà, nel cuore, nella mente e nell’anima. Magari doveva davvero adottare il nomignolo, solo per divertirsi un po’… ed ecco com’era nato il suo soprannome.
Malvagio fece un grande sorriso, ripensando all’attimo esatto in cui le sue vittime capivano di essere in pericolo, poco prima di urlare o scappare o scoppiare in un pianto a dirotto. Era in quel momento che lo strano senso di gioia gli esplodeva dentro, nel profondo. Era quasi una sorta di liberazione. Soddisfazione, ecco cos’era. Un’esplosione di appagamento personale. Si chiese se quel comportamento fosse normale o se invece fosse una persona davvero cattiva, se non addirittura una specie di psicopatico. Poi decise che non gli importava se lo fosse o meno, che era una bella sensazione e avrebbe continuato a farlo, ogni volta che aveva la certezza di non venire scoperto.
Già, poteva anche trasformarlo in un hobby, qualcosa per passare il tempo. Avrebbe potuto procurarsi degli oggettini spaventosi da usare con le persone e capire che cosa le spaventasse di più, o anche guardare film su omicidi e leggere libri cruenti fino ad affinare il proprio talento alla perfezione. Sorridendo tra sé e sé, cullò il piccolo Donnie per farlo addormentare; quindi lo depose con gentilezza nella culla e andò a cercare Mandy. Dopotutto, lei era la sua vittima preferita e, cosa ancora più importante, era troppo terrorizzata per fare la spia.
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