Anteprima gratuita – L’ampolla di vetro – Beatrice da Vela

L'ampolla di vetro

Anteprima gratuita – L’ampolla di vetro – Beatrice da Vela

Vi lasciamo una piccola anteprima gratuita della nostra prossima uscita, la saga familiare di Beatrice da Vela: L’ampolla di vetro. Buona lettura!

Capitolo 1

Luglio 1910

Nanni si deterse il sudore con il palmo della mano. Le sei del mattino e già faceva un caldo appiccicoso. Quell’estate sembrava destinata a non andarsene mai. Con un foglietto scritto male appiccicato al manubrio, cercò la vetreria. Notò alcuni gruppetti di uomini assonnati andare nella sua stessa direzione e studiarlo con il solito misto di stupore e di curiosità. Sapeva bene che, con i suoi quasi due metri, il suo destino era quello di non passare mai inosservato. Non a caso, fin da bambino, a Certaldo gli avevano cucito addosso quel nome, Nannilungo, detto tutto d’un fiato solo fino a perdere il respiro sulla “g”.
«Tu devi essere proprio l’amico del Contenti,» gli disse un uomo dalla barba nera e folta, gli occhi piccoli e vispi d’un diavolo. Fu quella la sua accoglienza nel nuovo posto di lavoro.
«Dite che mi si nota?»
«Lungo di gambe come di lingua. Speriamo bene.» L’uomo con la barba gli fece strada verso il cortile. «Sei bravo a faticare?»
«Sì.»
«Dite tutti allo stesso modo. Fa’ vedere le mani.»
Nanni gli mostrò i palmi, che, con calli e duroni, facevano fede alla sua parola. Negli ultimi sette mesi ne aveva combinate di tutti i colori, si era persino abbassato a lavorare nei campi a giornata. Tutto per mantenere quel fiore di sposa che aveva voluto in tutti i modi e contro ogni logica. Entrarono in un piazzale affollato.
L’uomo con la barba gli fece cenno di seguirlo. «Da’ una mano a caricare quelle casse venute fuori dal turno di notte e stai attento, ché di solito voi spilungoni siete bravi a combinar guai. Il vetro lo facciamo bene, ma se lo fai cascare, ’un si ripiglia mica! Morino!» Richiamò l’attenzione di un uomo curvo e dal viso scuro come quello dei siciliani. «T’affido questo mulo,» disse parlando di Nanni, «fallo lavorare a dovere.»
«Menomale che sono arrivati dei rinforzi di peso,» rise il Morino. «Dacci una mano a buttare su queste,» accennò alle casse che altri due uomini stavano sistemando su un carro, «poi c’è da aiutare a spalare dentro tutta quella rena là.» Fece cenno a un mucchio di sabbia di fiume che si stagliava alto nella parte del cortile più vicina ai forni.
«Entro quando?»
«L’altro ieri,» rispose il Morino. «Occhio alla schiena, spilungone. Al lavoro!»
Solo in quel momento Nanni notò che non erano soli, ma che quel piazzalaccio assolato era pieno di persone: chi caricava, chi scaricava, chi ogni tanto pareva esser lì a fare una “girata”. Il Morino ogni tanto si fermava, come a guardare l’opera che aveva fatto, poi attaccava bottone con qualcuno. Così Nanni venne a sapere che il Morino era sposato e che sua moglie faceva la sarta in casa, mentre il figlio più grande era in età da lavoro e chissà che non capitasse proprio lì uno di quei giorni… Ascoltò le chiacchiere di un altro operaio − avrà avuto più o meno i suoi anni − che consigliava a un giovane come scappare dalla leva e lui, a cui fare il militare non era poi così dispiaciuto, avrebbe voluto tirargli una badilata, ma se ne stette zitto. Era pur sempre il primo giorno di fatica. E poi, visto che ci lavorava il Contenti, quello doveva essere per forza un impiego da rossi, quindi meglio non parlare di politica e via. Ascoltò altre chiacchiere, ma, come di solito faceva, nel giro di cinque minuti se l’era anche bell’e che dimenticate: non gli piaceva serbare i pettegolezzi che non lo riguardavano.
«Come va, spilungone?» lo apostrofò il Morino, dopo che ebbero tirato giù tutto il carico; gli mollò una pacca a metà schiena che forse gli avrebbe voluto dare sulle spalle. «Beviamo qualcosa, va’, prima di andare a spalare l’inferno.»
Prese un fiasco che era stato abbandonato in un secchio per terra, se lo portò alla bocca e ne bevve una gozzata generosa; poi lo passò a Nanni, che non stette a questionare e buttò giù una sorsata anche lui. Poteva essere qualsiasi cosa, non gli sarebbe mai sembrata comunque più buona, tanta era la sete che aveva.
«Che afa.»
«Aspetta di aver spalato un bel po’ di rena e ne riparliamo.» La montagna di sabbia anche a Nanni sembrò, in effetti, imponente, ma soprattutto polverosa e giallognola. Altri due uomini, in canottiera, stavano spalando all’interno del forno.
«Gente, cambio. Cerchiamo di non stare troppo a lungo solo a spalare, perché questa sabbia ti entra nel naso e nei polmoni.» Il Morino si coprì la bocca con il fazzoletto che aveva al collo e Nanni lo guardò senza troppa convinzione.
Che sarà mai un po’ di sabbia, pensava. Quando andava a bagnarsi nell’Elsa gli piaceva la sensazione della rena tra le mani e sotto i piedi, che si attaccava e faceva quasi il solletico. Si mise a spalare di buona lena, ma dopo una mezz’ora si accorse di avere dei granelli in bocca, che gli grattavano la lingua e i denti, se li sentiva negli occhi, nel naso e nei capelli. Non fece in tempo a mettere insieme tutte quelle sensazioni che cominciò a tossire.
«Prendi questo.» Gli arrivò un fazzoletto appallottolato.
«Felice!» esclamò Nanni.
Felice Contenti, l’amico che aveva parlato di lui al padrone della vetreria, si stava pulendo le mani sul grembiule accanto a un compagno di squadra.
Nanni mollò la pala, facendola cadere con un tonfo. Felice si avvicinò con quel suo passo saltellante e gli tese la mano. Nanni gliela strinse. Che strana figura doveva fare agli altri lui, così alto e robusto, le spalle rese ancora più imponenti da anni di lavoro duro, rispetto a Felice, basso e magro, con un viso che, seppur godesse di ottima salute, era sempre emaciato.
Felice fu subito richiamato dal compagno di squadra. «Oh Grillo, non mi lascerai a soffiare da solo!» Nanni non riuscì a trattenere un sorriso per quel nomignolo, forse un po’ cattivo, ma di sicuro calzante.
«Ci vediamo dopo.» Felice scrollò le spalle e tornò alla sua postazione.
Nanni rimase immobile a fissarlo.
«Oh che ti sei incantato, grullo?» gli domandò il Morino, sorprendendolo a guardare il fiasco che prendeva forma dal fiato dei due vetrai. «Qui non c’è posto per i pelandroni. Quella sabbia non si spala di certo da sé.»
Nanni, ripresa la pala in mano, si mise a spalare con più vigore, non poteva certo fare brutta figura proprio il primo giorno di lavoro. Anche perché Felice gli aveva assicurato che se si mostrava pronto alla fatica, affidabile e svelto, il contratto a giornata si sarebbe potuto trasformare in qualcosa di più stabile e sostanzioso. E lui su soldi sicuri a fine mese aveva proprio bisogno di contare.
«Se continui così ti mandiamo direttamente a spalarcela dal fiume!» lo prese in giro un altro operaio, che aveva un occhio pio. Nanni non aveva capito bene se fosse una critica o un complimento.
«Ci vuole far sfigurare tutti con le fiascaie, te lo dico io,» rispose un altro. Certo, aveva visto anche lui le donne sulle seggiole delle aie e i fiaschi di vetro tra le gonne, leste con quelle mani a intrecciare attorno la sala, ma di solito erano le vecchie a farlo e non le aveva mai considerate una particolare attrattiva.
«Non ti dispiacerà di certo vedere qualche gonnella,» lo provocò il primo che aveva parlato.
«Ma non sono vecchie?» Quella domanda provocò una generale ilarità e ogni operaio volle spiegare a suo modo a Nanni perché si sbagliava.
«Sì, vecchie. Io non so che fiascaie c’avete a Certaldo, ma qui da noi vecchie non lo sono di sicuro.»
«Però quella coi riccioli mori l’è bell’e prenotata, io ti avverto. Sono sempre un bello spettacolo da vedere. Anche il Morino è d’accordo, no?»
«Poi alla Gina glielo dite voi, ché quella lo aspetta a casa col mattarello per spianargli la testa come la sfoglia.»
«Finché è la testa, pazienza. Pensa se sulla spianatoia gli ci mette…» Nanni si unì alle risate degli altri, pensando che in fondo lì non si stava poi così male.
«Di’ un po’, Nannilungo,» gli chiese il Morino, «ma te la fidanzata ce l’hai?»
«Son sposato. Da quattro mesi.»
Il Morino rise. «Allora sono ancora rose e fiori. Scommetto che la ti dà ancora i bacini quando torni e ti fa trovare la pasta col sugo.»
Per la prima volta nella giornata il pensiero di Verdiana attraversò la mente di Nanni; lei, sola a casa, a far le faccende, a tenersi forse compagnia con la sorella, a fare la spesa con l’occhio di chi, per anni, era stata abituata a bottega. E il cuore gli si strinse di tenerezza.

 

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