Anteprima gratuita – Il campo delle ossa – Chiara Forlani
Vi lasciamo una piccola anteprima gratuita della nostra prossima uscita, il nuovo giallo Il campo delle ossa di Chiara Forlani.
Buona lettura!
Prologo
C’era tensione nell’aria.
In molti si chiedevano cosa sarebbe successo quando la benna dell’escavatore, il vecchio e potente FB 50 con i suoi enormi cingoli e le funi in acciaio, avrebbe iniziato il lavoro.
La ditta che gestiva lo zuccherificio, meglio conosciuto come La Fabbrica, aveva deciso di costruire una nuova vasca per lo stoccaggio delle acque putride, proprio nel campo delle ossa. Quel luogo abbandonato veniva chiamato così dagli operai, perché tra i tumuli di terra e i cespugli di ogni genere spuntavano spesso ossicini che i cani selvatici portavano qua e là .
Era un agosto torrido come tanti nella pianura padana, con l’aria satura di umidità . I manovali indossavano cappelli di paglia dalla tesa larga, sotto i quali tenevano un fazzoletto sudicio, zuppo di sudore. Le canottiere consunte erano madide, i pantaloni di tela grezza, stretti in vita con una corda, coprivano corpi arsi dal sole. Il cielo era occupato da nuvole grigie che velavano l’orizzonte, non avrebbero portato il sollievo della pioggia, solo una cappa pesante di umidità .
I lavoratori avevano formato un capannello, tiravano il fiato qualche istante per mangiare un tozzo di pane e non si sarebbero persi lo spettacolo per niente al mondo. Non rimasero delusi: appena il mezzo fu messo in moto, nel frastuono del vecchio motore a gasolio accelerato, il campo abbandonato alle sterpaglie si trasformò all’improvviso in un cimitero. Come i braccianti si aspettavano, sotto i colpi della potente benna una grande quantità di piccole ossa emerse dalla terra secca.
L’escavatore diede alcuni colpi decisi, tra la polvere che annebbiava ogni cosa. Innumerevoli, minuscoli frammenti bianchi continuavano a spuntare tra le zolle, disseminati nella terra, che si era trasformata in un’immensa bara scoperchiata.
Il più intraprendente tra gli operai richiamò l’attenzione del manovratore: «Oh, fermo!» urlò, riuscendo a superare con la voce il frastuono prodotto dal vecchio motore. Fu sufficiente; preoccupato da quel richiamo inaspettato, il guidatore scese dal mezzo lasciandolo acceso e si avvicinò per controllare. L’altro continuava a fargli segno con il braccio, indicando allarmato il suolo.
A quel punto l’operatore li vide: ossicini bianchi che spuntavano dappertutto. Si chinò, guardò da vicino; la terra era punteggiata dal candore di quei resti, un impasto macabro che si stendeva come un sudario sul cuore di tutti i presenti.
Le ossa sembravano appartenere a dei bambini. L’uomo prese in mano un minuscolo cranio quasi trasparente, così piccolo da poter provenire solo da un neonato o, peggio, da un feto. Scosse la testa con rabbia, si inginocchiò per posare a terra quella cosa miserevole e farsi il segno della croce, sollevò gli occhi al cielo a invocò Dio. Si rialzò con fatica, mostrando di avere sulle spalle tutto il dolore del mondo, poi ritornò sul mezzo per spegnerlo.
Un silenzio carico di presagi calò sul gruppo degli operai in attesa. Erano in allarme: quale mistero nascondeva quel luogo? Da tempo si ponevano la domanda senza trovare il coraggio di rivolgerla ai loro superiori. Una disobbedienza o troppa curiosità potevano costare care; il lavoro era prezioso, non avrebbero mai corso il rischio di perderlo.
Il manovratore aveva la rabbia dipinta sul volto, era pagato a cottimo e adesso era costretto a fermarsi. Ma non aveva scelta, doveva andare in ufficio da chi gli aveva commissionato gli scavi. Aveva una terribile dichiarazione da fare: la benna dell’escavatore stava profanando un cimitero. Un cimitero di bambini.
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