Anteprima gratis – Voodoo Child – Andrea Gatti

Voodoo Child

Anteprima gratis – Voodoo Child – Andrea Gatti

Vogliamo condividere con voi un estratto della nostra prossima uscita!

Di seguito potete leggere gratuitamente un estratto del romanzo “Voodoo Child” di Andrea Gatti!

Buona lettura!

 

Preludio

 

Bayou Caché, Louisiana
Martedì pomeriggio, 31 agosto 1909

 

I rituali voodooi nel bayouii erano la cosa che Mae Emeline detestava di più. Non era forse già abbastanza umido, melmoso e poco salubre così com’era per mettersi anche a bere intrugli sospetti e ballare come ossessi fino a farsi cavalcare da un Loaiii?

Quando succedeva – e succedeva spesso – la mamboiv Bernadette intimava ai bambini come lei di non avvicinarsi, altrimenti sarebbero stati cavalcati da uno spirito malvagio e mangiati vivi.

Emeline non aveva paura dei Loa mangiauomini, ma tutti gli altri bambini sì, e quando venivano minacciati scoppiavano a piangere come delle femminucce. Essendo lei la più grande, le toccava sopportare quei mocciosi ogni volta che gli adulti decidevano di rivolgersi agli spiriti. Aveva giurato a se stessa che al prossimo pannolino che avesse dovuto cambiare, qualcosa sarebbe andato molto, molto storto.

«Ti ho già detto di no,» disse Bernadette.

«Dai, ti prego, farò la brava.»

«No.»

La sacerdotessa fece per uscire dalla baracca, una delle tante a Bayou Caché, ma Emeline le si piantò davanti con le braccia tese.

«Ti giuro che non farò niente di strano. Starò buona in un angolo e non fiaterò.»

Bernadette la scostò senza problemi col suo grosso braccio carnoso, mentre con l’altro si faceva strada aprendo la tenda scura che pendeva davanti alla porta.

«No.»

La bambina la inseguì fuori di casa tirandola per la vestaglia nera coi fiorellini che era per lei quasi una seconda pelle. Emeline, invece, portava una camiciona verde che le arrivava fino alle ginocchia, con una cintura marrone stretta in vita e, sotto, dei pantaloncini corti e sfilacciati. Aveva i capelli neri e riccissimi, tenuti a stento a bada da un cerchietto di cuoio, e due grandi occhi ambrati che risaltavano sulla pelle scura.

«Ti prego! Gli altri bambini sono insopportabili e piangono sempre. E poi si fanno la cacca addosso!»

«No.»

«Non posso stare a casa, almeno? Giuro che non esco.»

Bernadette continuò a ignorarla, camminando come se niente fosse fino a una seconda baracca. Bussò contro gli stipiti della porta mezza rotta, nonostante fosse già aperta. Il caldo li costringeva ad adattarsi ai capricci del vento, e ogni suo alito era incoraggiato a farsi largo il più possibile.

«Eddai ti prego, resto a casa!»

«Sta’ buona, ora,» l’ammonì la mambo. «Pascal, ho qui l’olio van-van che mi avevi chiesto. Sei a casa?»

All’interno della casetta scricchiolò il pavimento, si sentì un grugnito e dall’ombra uscì correndo un gallo imbizzarrito.

«Maledetto pennuto… perché diavolo verrà sempre… Ci sono, ci sono,» borbottò una voce maschile.

Emeline continuava imperterrita a tirare l’abito della donna, che cercava di schiaffeggiarle le mani per togliersela di torno.

Sulla porta apparve un uomo sulla sessantina con una pelata e una trippa che suggerivano più la settantina. «Eccomi, l’hai portato?»

«Ce l’ho qua, Pascal. Ricordati di usarlo un’ora prima del rituale, e ricordati anche di portare del rum; sai cosa succede se te ne dimentichi.»

L’uomo prese la boccetta d’olio ringraziando con un cenno del capo. «Lo so, lo so. Non è stato divertente l’ultima volta.»

«Ti prego, ti prego,» implorava sottovoce la bambina.

«Emeline, ora basta! Ti ho già detto di no. Non puoi venire a vedere e non puoi nemmeno stare a casa, sei la più grande e quindi spetta a te badare ai più piccoli.»

«Ma piangono! E si fanno la cacca addosso!» ribadì.

«E tu sei grande abbastanza per cambiarli,» disse Bernadette. «Scusa, Pascal, sai com’è.»

L’uomo le fece segno con la mano di non preoccuparsi, il che fece infuriare Emeline ancora di più.

«E tu che diavolo vuoi? Se non chiamaste gli spiriti ogni due per tre non sarei in questa situazione! Perché non ve li risolvete da soli i problemi ogni tanto?»

«Emeline!» proruppe la sacerdotessa. «Chiedi subito scusa!»

La bambina le tirò un calcio negli stinchi e corse qualche metro più in là. «Mio padre non avrebbe mai dovuto sposarti! Sei grassa e cattiva, mentre mamma era giovane e bella. Non devo fare come dici,» sputò tutto d’un fiato.

Riprese la corsa per interromperla di nuovo di scatto. «E tu sei un vecchio bavoso!» urlò a Pascal, giusto per chiarire, poi scappò correndo. Bernadette si scusò con l’uomo e si gettò all’inseguimento della piccola peste, che ritrovò nascosta nel pollaio della tribù, pochi minuti più tardi.

Bayou Caché era un piccolo villaggio di praticanti del voodoo nei pressi del lago Cataouatche, immerso nella palude che accompagna il Mississippi nel suo cammino fino all’oceano. Auguste, il padre di Emeline, l’aveva fondato dopo aver lasciato New Orleans, attirando dapprima una manciata di persone grazie alla sua fama di hounganv, e poi accogliendone sempre di più col passare degli anni. Il villaggio diventò così una piccola comunità voodoo, una delle ultime, visto che la crescente industrializzazione e la tecnologia avevano la tendenza di limare le differenze sociali e culturali, enfatizzando solo quelle economiche. Fu così che New Orleans, grande punto di riferimento della religione voodoo, perse quasi tutti i suoi sacerdoti e finì col diventare a maggioranza cristiana. Auguste aveva accettato questa situazione, anche perché era certo che il voodoo non sarebbe mai scomparso del tutto, soprattutto se avessero continuato a esistere dei piccoli nuclei di resistenza come Bayou Caché.

Bernadette faceva da madrina a Emeline da qualche anno, e le cose non stavano andando molto bene. Quella era stata l’ennesima lite fra le due, e il modo in cui si era risolta non era piaciuto affatto a Emeline: un’altra nottata a badare ai bambini mentre gli adulti evocavano i Loa. Emeline, però, non era più disposta a fare da balia ai poppanti e sorbirsi anche i piagnistei dei bambini più grandi.

Quindi loro due avevano un problema.

E una bambina cocciuta di dieci anni conosce una sola soluzione a un problema del genere: disubbidire.

Intorno a mezzanotte, Bernadette condusse Emeline nella baracca più grande del villaggio, dove ogni genitore passava a lasciare il proprio pargolo per poi dirigersi alla radura nella quale venivano svolti i rituali. Tutti gli altri bambini erano già sul posto e alcuni di loro, Emeline c’avrebbe giurato, si preparavano a movimenti intestinali degni di un cavallo. Bernadette le lasciò la mano e la spinse dentro alla baracca.

«Bene, bambini, adesso fate i bravi mentre noi adulti preghiamo gli spiriti. E mi raccomando, che a nessuno venga in mente di avvicinarsi. Sapete tutti che ci sono Loa malvagi che non ci penserebbero due volte prima di mangiarvi vivi. Ricordate Lil-Pierre? È stato inghiottito da Limba in un sol boccone!» intimò dopo essersi schiarita la voce.

La mambo si guardò intorno per sincerarsi dell’effetto sortito dalla storiella sui bambini, che avevano gli occhi gonfi e pronti a sgorgare lacrime. Non esisteva nessun Lil-Pierre, ma questo loro non lo sospettavano. E poi Limba mangiava davvero le persone, per questo nessuno si prendeva mai la briga di evocarlo.

«È chiaro, Emeline?»

La bambina annuì con un’espressione rassegnata, ma celando un piano malefico dietro occhi contriti. Bernadette annuì a sua volta soddisfatta e uscì dalla baracca chiudendosi la porta alle spalle e dando un giro di chiave, tanto per essere sicura.

Nell’arco di due minuti un concerto di urla, pianti e singhiozzi animò la stanza, mentre esalazioni di certo velenose scaturivano dai pannolini dei neonati. Emeline non alzò un dito. Decise di abbandonarli al loro destino, convinta che ci avrebbero pensato gli altri bambini della sua stessa età nel momento in cui l’odore si fosse fatto insopportabile. Per una volta, altre manine avrebbero soprinteso al misfatto. Sfilò dai capelli una spilla e si mise ad armeggiare con la serratura della porta, convinta di poterla aprire con facilità.

Il rumore alle sue spalle non aiutava certo la sua concentrazione, ma dopo qualche minuto di inutili tentativi comprese che una spilla non avrebbe mai potuto sostituire una chiave. Maledisse Bernadette: in tutto il villaggio quella era la sola casa con una porta munita di serratura, c’era proprio bisogno di chiuderli lì? E se fosse successo qualcosa ai più piccoli?

Un ghigno diabolico le si formò in viso e, mentre si voltava a guardare i pargoletti esplosivi, la sua immaginazione divenne fertile e terribile. Dopo qualche minuto speso a fantasticare quale sorte atroce facesse al caso suo, la sua coscienza si fece sentire ed Emeline tornò a concentrarsi sull’evasione. Si guardò intorno e decise che se la porta aveva avuto la meglio, ora toccava sfidare le finestre, anche perché la terza opzione – scavare un tunnel – non la convinceva affatto. Si arrampicò sopra il tavolo che si trovava di fronte a una finestra ossidata e iniziò a ruotare la maniglia. Era bloccata e probabilmente la finestra non veniva utilizzata da anni, ma Emeline provò imperterrita ad aprirla con tutte le sue forze.

«Emeline…» piagnucolò uno dei bambini più grandi. «Emeline.»

Quando lei si voltò dovette sembrargli più una fiera che un’umana, perché il bimbo sussultò e fece per proteggersi con le mani.

«Che cavolo vuoi?»

«Mio fratello ha f-fatto la cacca.»

«Che c’è? Vuole una medaglia?» ruggì Emeline.

«N-no, no!»

«E quindi? Qual è il problema?» chiese lei, tornando ad armeggiare con la finestra.

Era una domanda difficile e il bambino non sapeva cosa rispondere. Non era ovvio quale fosse il problema? Non aveva anche lei un naso? E allora perché quella domanda? Di certo era un trabocchetto. Temette che se le avesse parlato della puzza, lei avrebbe ruggito ancora, magari obbligandolo a controllare da dove venisse, o peggio: a cambiarlo! Troppo pericoloso.

«Cosa stai facendo?» domandò, invece, certo di sciogliere la tensione creatasi.

«Scappo.»

Il bambino sussultò ancora, sempre più impaurito. «S-sei pazza?» bisbigliò. «Non hai sentito cosa ha detto Bernadette?»

Emeline tornò a voltarsi, di scatto e con ira. I suoi occhi lampeggiarono come quelli di una lince e il bambino indietreggiò e inciampò, crollando a terra. Infine, decise di lasciar perdere e di tornare dal fratellino, che magari aveva riassorbito quello che aveva prodotto, nel frattempo. Può succedere, pensò.

Emeline sentì un leggero scricchiolio, segno che la finestra era indecisa sul da farsi: non del tutto prona ad aprirsi, ma nemmeno a restare chiusa. Saltò giù dal tavolo e si mise a rovistare in un baule impolverato, finché non trovò quello che cercava: un martello. Lo afferrò e tornò sul tavolo, iniziando a colpire con forza la maniglia. Scaglie di ruggine e pittura secca iniziarono a cadere dagli infissi: la finestra stava cedendo. I colpi echeggiarono in tutto il villaggio, ma non c’era nessuno ad ascoltarli; gli adulti si trovavano nella radura del rituale e tra tamburi, urla e canti, era impossibile che notassero qualsiasi altro suono. Quando infine la finestra cedette, altri tre neonati avevano riempito il pannolino.

Con enorme soddisfazione, Emeline si chiuse la finestra alle spalle, tirando con forza perché tornasse a incastrarsi, e saltò giù dal davanzale.

 

i Religione sincretistica di origine africana evolutasi in numerose varianti. In questo libro si considera prevalentemente la variante sviluppatasi ad Haiti e Caraibi tra la popolazione nera discendente dagli schiavi deportati.

ii Corso d’acqua dalla corrente quasi impercettibile, tipico dell’ecosistema del delta del Mississippi.

iii Spiriti sacri del voodoo. Fungono da intermediari tra Bon Dieu e l’umanità.

iv Sacerdotessa voodoo.

v Sacerdote voodoo.

 

 

Vi ricordiamo che il romanzo sarà disponibile in tutte le librerie e online.

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