Anteprima gratis – Se vince la paura – Tony J Forder
Buongiorno!
Vogliamo condividere con voi un estratto della nostra prossima uscita! Di seguito potete leggere gratuitamente il primo capitolo del nuovo thriller “Se vince la paura” di Tony J Forder.
Buona lettura!
Capitolo 1
Una volta che Bliss ebbe girato sulla A1(M) appena prima dello svincolo con la A47, il tragitto fu breve e piacevole. Prima fecero il ponte di pietra a Wansford, che attraversava il fiume Nene da più di quattrocento anni, oltrepassando le belle case e i campi, e poi seguirono una strada stretta e alberata lungo cui boscaglia e siepi selvatiche formavano un limite naturale su entrambi i lati. In certi punti le querce, i faggi e gli ippocastani contribuivano a creare un effetto tunnel con i loro rami intersecati in alto. Una luce acquosa tremolante tra gli alberi proiettava costantemente immagini in sequenza sul parabrezza della Insignia. Tutto fu tranquillo e pacifico per alcuni minuti, fino al momento in cui tagliarono una curva cieca sulla sinistra e si vide del movimento, cosa che spinse Bliss a lasciar andare l’acceleratore. Alla loro sinistra c’era l’imponente entrata di uno stabilimento industriale piuttosto grande. A destra, un corto viale portava a un cancello d’acciaio dietro cui si estendeva una fitta foresta. Era lì che avvistarono la tenda bianca dal bordo blu che copriva la vittima. La strada era stata delimitata, impedendo l’accesso dei veicoli alla scena del crimine, quindi Bliss parcheggiò un po’ distante e inserì le luci d’emergenza.
L’aria fresca della primavera aveva ancora una vena gelida, quindi l’ispettore si strinse nel cappotto. La sua partner fece lo stesso.
«Merda,» disse la Chandler mentre lasciavano l’auto per avvicinarsi alla scena del crimine. «Sento ancora l’odore nell’aria.»
«Carne abbrustolita,» commentò Bliss.
Lei sbiancò e annuì. «Sono contenta che non siamo riusciti a mangiare prima di venire.»
Lui fece un cenno di assenso. I cadaveri venivano trovati in tutte le forme e dimensioni, a volte forme non umane. I corpi rimasti nell’acqua erano uno spettacolo orribile, gonfi di gas e coperti di adipocera cerosa, e non c’era mai niente di bello in una figura umana lacerata da oggetti, che fossero affilati o spuntati; si supponeva che il corpo umano rimanesse intatto, perciò qualsiasi altro stato rappresentava una visione orribile. Il punto debole di Bliss, però, erano i corpi bruciati, gli rivoltavano lo stomaco ogni volta. Bisognava ricordare a se stessi che si avevano davanti i resti di una persona reale e non qualche creazione hollywoodiana in lattice. Ma così facendo si rischiava di ricordare a se stessi il dolore e la disperazione patiti dalla vittima.
La sua scelta linguistica era un meccanismo puramente difensivo. In quanto detective investigativo, non poteva concedersi di legarsi emotivamente alle vittime. A volte era difficile, talora impossibile, ma un certo distacco era essenziale, sia per restare sani di mente che abbastanza distanti da concentrarsi. Bliss partiva dal presupposto che se ci si faceva coinvolgere troppo dagli individui si faceva più male che bene. Questo lo rendeva migliore come detective che come essere umano. O almeno quella era la sensazione.
Non c’era nessuno di guardia al nastro che delimitava la scena del crimine, quindi Bliss lo tenne sollevato per la Chandler prima di chinarsi anche lui e passare. A meno di una dozzina di passi dalla tenda eretta sopra il corpo dovettero mostrare le credenziali e firmare un foglio per registrare la propria presenza.
«Mattinata dura?» chiese Bliss alla giovane agente incaricata di tenere nota di chi arrivava o andava via. Il suo viso era pallido e le labbra incurvate in giù.
La poliziotta annuì. Aveva le palpebre pesanti, come se volesse chiuderle ma così facendo temesse di vedere nella propria mente.
«Si faccia un favore e chieda in giro se qualcuno ha un thermos di tè zuccherato,» suggerì Bliss. «Alcuni vecchi del mestiere se ne portano dietro uno nel caso abbiano bisogno di una sferzata di energia o siano vittima di shock. In tal caso ne beva un po’.»
«Grazie, signore. Lo farò.»
«Ne hai portato un po’ con te, capo?» chiese la Chandler firmando.
«Eri con me. Mi hai visto fermarmi per prendere un thermos e riempirlo di tè?»
«No, ma dato che hai parlato di vecchi…»
La giovane agente si sforzò di sorridere. Bliss le fece l’occhiolino. «Si riprenderà. Si faccia un sorso di tè appena possibile.»
Un uomo stempiato e tozzo di altezza media, che aveva osservato il loro arrivo, si fece avanti per accoglierli. Aveva la fronte più bulbosa che Bliss avesse mai visto. Annuì ma non porse la mano. Era l’ispettore Ken Sullivan. Si presentò con un certo calore, ma Bliss notò la diffidenza nel suo sguardo. Era quello di cauta riflessione di un uomo che non aveva ancora deciso se voleva il caso ma era disposto a lottare con le unghie e con i denti se lo avesse accettato, e voleva che Bliss lo sapesse.
Lo capiva. Era appena tornato dal tribunale quando la sua ispettrice capo gli aveva dato la notizia.
«Com’è andata?» gli aveva chiesto.
«Praticamente come ci si aspettava.» La brusca risposta di Bliss rispecchiava la rabbia che aveva provato in precedenza.
Un prigioniero, già dentro a vita per aver ucciso la moglie incinta con una vanga, aveva colpito a morte il compagno di cella con una radiosveglia mentre era fuori di testa sotto effetto di una droga volatile nota come “riso”. La sua difesa sosteneva che aveva appena iniziato ad assumerla perché gliel’aveva fatta scoprire il nuovo compagno di cella, pur sapendo che genere di aggressività e paranoia potesse causare. Il giudice era uno che si faceva mille scrupoli e, per il disgusto di Bliss, aveva proposto che la sentenza rappresentasse in pieno la linea difensiva.
L’ispettrice capo Edwards aveva annuito, facendo un sorriso falso come i denti incapsulati che sfoggiava. «Sfortuna nera, ispettore. Comunque, abbiamo un corpo per lei dalle parti di Kings Cliffe.»
«Si trova nel Northamptonshire, non nel Cambridgeshire.» Bliss si era fermato appena, spostandosi nel tentativo di guardare la Edwards negli occhi senza smettere di muoversi.
Lei aveva inclinato la testa di lato e fatto una smorfia. «Questo è… opinabile, ispettore. I confini territoriali sono confusi, a quanto pare. La sovrintendente Fletcher vuole sul posto qualcuno che rappresenti questa contea mentre gli altri discutono della precisa collocazione geografica della vittima.»
Dopo aver fermato la fuga di Bliss con quelle parole, l’ispettrice capo aveva fatto un passo in avanti per consegnargli un pezzo di carta su cui aveva frettolosamente scribacchiato alcuni dettagli e l’ubicazione approssimativa della scena del crimine. O almeno lui aveva sperato che li avesse scritti di fretta. Se quella era la sua grafia normale, meglio che si desse alla carriera di medico. Prima di dargli l’opportunità di discutere, la Edwards se n’era andata con il suo solito passo tronfio. Bliss l’aveva seguita con lo sguardo. In altre circostanze avrebbe potuto essere attratto dalla donna, la cui personalità però non manteneva neanche lontanamente le promesse dell’aspetto fisico.
Meno di venti minuti dopo, Bliss era lì con la sua partner, stava valutando l’avversario e decidendo che avrebbe preferito tornare a mani vuote al quartier generale.
«Allora, che ne dice se stabiliamo che il corpo è sotto la vostra giurisdizione e la chiudiamo qua?» disse in tono amabile.
Sullivan esitò per qualche secondo, forse cercando di capire che interessi ci fossero in gioco. Bliss decise di dargli una mano. «Tra me e lei, Ken, sebbene si trovi di qualche metro dentro la nostra linea di confine, non ho alcuna obiezione se vuole spostare un tantino in là cadavere e tenda, e farlo diventare un caso del Northamptonshire.»
L’espressione di orrore e disgusto che apparve sul viso dell’uomo fece capire a Bliss di aver commesso un errore di valutazione. Sullivan poteva non essere del tutto certo di voler rivendicare per sé il caso, ma era evidentemente molto puntiglioso sulle regole, e quel che lui aveva appena suggerito gli sembrava un anatema.
Cercando di coprire lo sbaglio fatto, Bliss rise e gli strizzò l’occhio, dandogli una pacca sul braccio. «Scherzo, Ken. È il mio sciocco tentativo di alleggerire l’atmosfera. Mi scuso se per un momento l’ho sconvolta. Quindi mi dica, sappiamo già quando potrebbe essere presa una decisione sui confini?»
Con l’aria non poco sconcertata, l’ispettore Sullivan dell’unità Grandi crimini di Corby aggrottò la fronte e scosse la testa. «No, non ancora. Ho qualcuno che sta parlando con il consiglio della contea proprio adesso. Pare che ci troviamo in un’area grigia.»
Bliss riusciva a capire il perché. Corby si trovava a poco più di quindici chilometri di distanza e il suo centro era di pochissimo più vicino di quello di Peterborough. Il facoltoso paese di Kings Cliffe si trovava sulla punta nord-orientale del Northamptonshire, gomito a gomito con la zona nord-occidentale del Cambridgeshire.
«Per quel che vale, io credo che questo caso sia nostro,» disse la Chandler, attirando occhiate di disapprovazione sia da Sullivan che dal proprio partner. Alzò le spalle e fece un sorriso teso. «Scusate, ma conosco quest’area piuttosto bene e sono ragionevolmente sicura che questa parte di Kings Cliffe Road si trovi sotto Peterborough.»
«Sarebbe indecoroso litigare per rivendicare l’omicidio di questo pover’uomo,» disse Sullivan, lisciandosi distrattamente la cravatta bordeaux. «Tuttavia, credo che per il bene di un futuro processo sia nostro dovere, nei riguardi della vittima, essere assolutamente certi prima di procedere.»
La sua fronte luccicava, un dettaglio che distrasse Bliss.
La Chandler era impegnata ad armeggiare con il telefono, entrambi i pollici che digitavano alacremente. Dopo pochi secondi mostrò loro lo schermo. «Questo è il complesso farmaceutico che potete vedere oltre gli alberi e la recinzione in acciaio dall’altra parte della strada. Ha il codice postale di Peterborough.»
Non era certo un documento ufficiale e siglato dal consiglio della contea, ma agli occhi di Bliss era altrettanto valido. Si girò verso l’uomo di Corby, desiderando disperatamente aggirare controversie istituzionali e garbugli burocratici locali.
«Questo almeno ci consente di entrare nella tenda?» chiese.
Sullivan annuì, la delusione e la riluttanza scritti a caratteri cubitali sul suo viso. Bliss lo ringraziò e andò verso la scena del crimine. Una discreta quantità di pattume si era accumulata nella boscaglia intorno: incarti vuoti, bicchieri di carta, bottiglie di plastica e lattine di bibite. Quella particolare macchia sul paesaggio della campagna inglese non mancava mai di farlo infuriare, così si appuntò mentalmente di mandare un’agenzia di volontari da quelle parti.
Ma non subito.
Lui e la Chandler si infilarono i tipici armamentari da scena del crimine prima di mettere piede dentro la copertura che proteggeva la vittima. Non c’era molto spazio, e Bliss provò subito gratitudine per il rivestimento al mentolo della maschera, dato che il puzzo di carne umana arrostita impregnava ogni centimetro quadrato. Gli occhi tuttavia non godevano di una tale fortuna.
Una volta visto non si sarebbe potuto cancellare dalla mente.
L’uso di uno pneumatico infilato sulle spalle aveva evitato che la vittima assumesse la solita posizione da pugile causata dal restringimento dei muscoli e dalla conseguente flessione dei legamenti. Ma la visione era comunque tra le più inquietanti che Bliss avesse incontrato durante la sua lunga carriera. Quella massa carbonizzata e annerita appariva più umanoide che umana, e la presenza del copertone era sufficiente a fargli intuire l’effettiva portata dell’orrore. Brandelli di abiti si erano fusi insieme alla carne arsa, creando un patchwork di distruzione impressionante sui lineamenti della vittima. Gli strati induriti non ancora chiazzati di nero erano rossi e luccicanti, ancora trasudanti il grasso non consumato dalle fiamme. Il fuoco aveva imperversato a lungo e in profondità, mangiando ogni cosa fino all’osso con appetito vorace. Sebbene poco della faccia fosse riconoscibile come tale, la bocca era spalancata, la mandibola esposta.
«Il povero cristo era vivo mentre accadeva,» disse Bliss, la voce che si spezzava.
La Chandler annuì e deglutì pesantemente un paio di volte. Aveva gli occhi sgranati. «La mia prima tortura dello pneumatico. E spero anche l’ultima. Sai, un tizio con cui lavoravo una volta chiamava i mediorientali che si immolavano “Krispy Karim[1]”, e per quanto fosse orribile, la battuta suscitava sempre una risata tra i compagni di squadra. Non penso che riuscirò più neanche a sorriderne.»
«Fanno ottime ciambelle, però.»
«Questo è da vedere… bleah.»
«È la prima volta anche per me. Non ricordo di aver mai letto che siano successe esecuzioni simili in questo Paese, anche se immagino che prima o poi sia accaduto.»
A parte i resti del corpo e del copertone non c’era molto da vedere. Una vasta area di terra bruciata, una serie di segni di trascinamento, ma niente impronte di piedi o oggetti abbandonati. Lasciarono la tenda, e l’aria fresca sulla pelle sembrò a Bliss un piccolo miracolo, dopo essere stato intrappolato dentro il telone insieme a quella visione grottesca, da incubo. Si tolse bruscamente la maschera e sputò più volte sull’asfalto della strada, ben lontano dalla scena del crimine. Notò con beffardo divertimento la Chandler che, sull’altro lato della strada, vomitava sull’erba. Le concesse un momento per riprendersi e fare gargarismi con l’acqua che uno dei tecnici forensi di Corby le porgeva.
«Riesci a immaginare il terrore?» gli domandò lei quando furono di nuovo insieme. «Avere quello pneumatico intorno al collo, la sostanza infiammabile che viene versata sopra, le prime fiamme che ti entrano in gola… È insopportabile anche solo il pensiero.»
«È vero, non si regge. Viene da chiederti cosa abbia fatto perché qualcuno ritenesse che meritava una cosa simile. Mi stupirei di scoprire che non c’entra il traffico di droga. Cioè, è un trattamento che una volta i cartelli amavano infliggere. Prima che cominciassero a usare i collari esplosivi.»
«Come mai sai così tanto sui cartelli della droga?»
Bliss fece un sorriso spento e privo di allegria. «Un decennio e più a lavorare per la NCA, l’agenzia anticrimine, e per la SOCA, l’agenzia contro il crimine organizzato. A un certo punto abbiamo avuto dal Texas degli agenti della DEA a tenere un seminario. Mi ha aperto gli occhi, credimi.»
L’ispettore Sullivan se ne stava insieme a un gruppo di colleghi di Corby, accanto a un veicolo senza contrassegni. Erano immersi in una conversazione che sembrava animata e sussurrata allo stesso tempo. Alternando scrollate della testa e lievi calci ai ciottoli, Sullivan abbandonò la cerchia e si fece strada verso Bliss e la Chandler. Si mosse lentamente. Dal modo in cui strascicava i talloni, Bliss capì che dopotutto stavano per ottenere l’indagine. Si chiese se dovesse ripetere per un’ultima volta l’offerta di far slittare la scena del crimine, ma il detective di Corby non sembrava il genere di persona che avrebbe apprezzato lo scherzo. Qualsiasi scherzo, in realtà.
«Me l’hanno appena comunicato,» disse Sullivan a labbra strette, come se sopportasse a malapena di separarle. «È tutto vostro. E a essere sincero, glielo lascio volentieri. Dirò alla mia squadra di sgombrare e lei potrà far venire i suoi tecnici forensi.»
Bliss vedeva vari problemi in quella soluzione. «Aspetti un attimo,» rispose. «I suoi tecnici hanno già dedicato un bel po’ di tempo a lavorarci su, raccogliendo sacchi di potenziali prove, fotografando, facendo riprese video, e tutte quelle stregonerie che combinano. Perché non li fa finire e poi mandate tutto alla nostra squadra?»
«Quindi loro fanno il lavoro sporco, noi paghiamo il conto e voi vi godete il frutto delle nostre fatiche?»
«No, non intendevo quello. È solo che loro sono nel vivo del lavoro, questa è da qualche ora la loro scena del crimine, quindi chiunque altro salga a bordo troverà difficile capire la situazione, e ormai tutta la roba utile sarà stata già raccolta o filmata. Quello che sto suggerendo è che loro completino l’incarico e noi paghiamo tutto. Si risparmierà tempo e ha più senso, se i vostri tecnici della scientifica non sono richiesti da qualche altra parte. Fornirà una catena probatoria migliore più avanti nell’indagine.»
L’ispettore fece un respiro. Guardò verso la tenda e poi Bliss. Annuì. «Mi sembra ragionevole, ispettore. Mi terrà informato a mo’ di cortesia?»
«Certo. Affare fatto.»
Bliss non aveva intenzione di fare nulla del genere. Il collega conosceva l’andazzo.
Sullivan indicò con il capo in direzione dell’edificio dall’altra parte della strada. «Pensa che l’ubicazione del corpo abbia a che fare con quel posto?»
Lui alzò le spalle. «Non lo escluderei. In questa fase tutto è possibile. Prima che se ne vada gradirei giusto qualche dettaglio, se non le dispiace. Chi ha scoperto il cadavere?»
«Un addetto alla sicurezza del complesso industriale.»
«Devo parlarci.» Bliss si era immaginato che l’avesse trovato qualche dipendente, che stava per cominciare la giornata di lavoro o usciva dal turno di notte.
«Le farò mandare il contatto, ispettore.»
«Grazie. E a tal proposito, a che ora è comparso sulla scena del crimine?»
«Credo si sia registrato alle sette del mattino.»
«E ha menzionato se a quell’ora il corpo fumava o ardeva ancora?»
«Pare fosse pressoché spento. Una volta che i vigili del fuoco hanno raggiunto il posto, per loro era rimasto ben poco da fare.»
«Le guardie hanno notato qualcosa durante la loro ronda precedente?»
«No. Sta pensando alla finestra temporale, vero? Avrei dovuto chiederlo. Mi dispiace.»
«Non c’è problema.»
In realtà era un problema, e Bliss fu irritato da quella mancanza. Non voleva però farne un affare di Stato. Cominciò a formarsi una cronologia nella mente. A quello stadio poteva solo essere una stima a grandi linee, ma avrebbe dato a lui e alla sua squadra qualcosa su cui concentrarsi prima che arrivassero le informazioni dalla Scientifica. La finestra temporale però era importante, e lui avrebbe dovuto assicurarsi che le guardie venissero contattate prima possibile. Non gli veniva in mente altro da chiedere a Sullivan. I due si strinsero la mano e l’ispettore di Corby gli diede un biglietto da visita con i suoi recapiti.
«Pensi facesse sul serio quando ha detto che ce lo lasciava volentieri?» chiese la Chandler osservando il detective del Northamptonshire radunarsi con il proprio team forense per spiegare le disposizioni del caso.
«Tu rinunceresti spontaneamente a un caso di omicidio, Pen?»
«No.»
«Neanche a uno orrendo come questo?»
«Neanche.»
Bliss scosse la testa. «Allora hai la tua risposta.»
[1] N.d.T.: Riferimento alla catena di caffetterie Krispy Kreme. Il termine “Crispy” significa croccante.
Vi ricordiamo che il romanzo sarà disponibile in tutte le librerie e online.
Di seguito i link di alcuni store in cui potete trovare l’ebook
Lascia un commento