Anteprima – Black Canvas – Nel buio della mente – Laura Rossi

Anteprima – Black Canvas – Nel buio della mente – Laura Rossi

Vi lasciamo una piccola anteprima gratuita di una delle nostre prossime uscite, il thriller psicologico Black Canvas – nel buio della mente di Laura Rossi.

 

Prologo

 

«Sogno che mi sveglio e sono un’altra persona – i miei capelli, i miei occhi, persino la mia voce sono del tutto diversi – e ogni volta vado allo specchio per controllare la mia immagine, per vedere che aspetto ho. Sono lei. Ogni volta. Lei. È suo il viso che mi guarda dallo specchio, ma sono io che lo controllo. Ho il controllo, e questo mi fa stare benissimo. Ho il controllo su di lei e su di me. Ho il potere sulle vite di entrambe – la mia e la sua – e ho quello che desidero maggiormente: il suo aspetto, la sua posizione sociale, il suo matrimonio. Non c’è più alcuna traccia di me. Solo io conosco il segreto. Sono l’unica a sapere che ci sono io in quel corpo, dietro quella perfetta pelle di porcellana; dietro quei dolci e profondi occhi marroni ci sono io.
E ho lui. È mio, solo mio ora. Non sono più l’altra donna. Sono tutto ciò di cui ha bisogno. Posso essere sia la moglie che la puttana. Sono una versione migliore di me stessa e una versione migliore di Miss Perfezione.
Ma la cosa più importante è che ho io il controllo.
Non ce l’ho mai avuto prima.
A quel punto i miei occhi si aprono sul mondo vero, proprio mentre nel sogno lui mi sta baciando, appena prima che mi possa dire che sono l’amore della sua vita e pensa solo a me.
Mi domando se dica a lei le stesse bugie che racconta a me ogni volta che ci vediamo. Le dice che la ama? E perché? Perché la ama?
Lei non fa niente per lui, a parte essere se stessa.
“Ti amo per quello che fai per me.”
Sono queste le parole di amore che mi dichiara. In quel momento significano il mondo, ma non durano molto. Svaniscono insieme a lui, insieme al sogno.
Sono gelosa delle parole che le dice, odio il modo in cui la guarda.
Nessun appuntamento segreto, nessun bisogno di nascondersi, di travestirci per non farci riconoscere… Nel mio sogno è tutto alla luce del sole. Mi chiedo come sarebbe, vivere il nostro amore alla luce del sole.
Prima di svegliarmi del tutto, sento salire questo rancore: la rabbia torna a galla.
Sarebbe mio, se non fosse per lei? Mi avrebbe sposato, se non fosse per lei? Comincio di nuovo a perdere il controllo. Voglio quello che ha lei. Voglio lui.
Apro gli occhi e fisso il soffitto per qualche minuto. Non ho motivo di alzarmi così presto. Sono sola, e passo i primi momenti di ogni giornata – di ogni singolo giorno della mia vita – a chiedermi se starà dormendo accanto a lei, se starà respirando il suo profumo… Mi chiedo se e quando mi chiamerà.
Non ho alcun controllo. Decide lui. Fissa lui i nostri incontri. Mi dice dove e quando. Il mio compito è essere lì in orario e come vuole lui. Possibilmente nuda.
È solo dopo aver ricevuto il suo messaggio che trovo la forza di alzarmi. Mi cambia la giornata. Lavoro pensando al nostro appuntamento, faccio quello che devo fare e spero che il tempo voli fino al momento in cui lo rivedrò.
La mia intera esistenza ruota attorno a lui.
E si concentra su come essere più simile a lei.
Farei qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, dottoressa. Farei di tutto per essere lei.»

***

Ivy si è uccisa una notte nel suo piccolo monolocale che dava sui Navigli, a Milano. La nostra ultima seduta di terapia si ripete nella mia testa ogni volta che mi fermo a riflettere.
A ciclo continuo.
Nutro il mio stesso tormento. Ho tenuto le registrazioni, le ho riascoltate ancora e ancora, in cerca di quell’indizio che mi è sfuggito. Ho analizzato ogni parola, esaminato ogni sua espressione.
E non ho trovato niente.
«Smettila di torturarti.» La mia amica Ursula crede che stia diventando un’ossessione per me, tornare a quegli ultimi momenti con la mia paziente e cercare un motivo, un movente per il suo suicidio… cercare il mio errore, così da poter dire: ecco, è lì che hai sbagliato. Te lo sei perso. Non l’hai visto, proprio come tutte le altre persone della sua vita.
Perché non vediamo mai le cose prima che sia troppo tardi?
«Metti via tutto e vai avanti,» mi dice, ma non capisce quanto mi senta responsabile.
«Non sai cosa si prova.»
A perdere un paziente. A vivere con il senso di colpa, notte insonne dopo notte insonne.
A vivere con lei, sentirla scavare sempre più in profondità nella mia mente.
Non ti puoi dimenticare di una come Ivy: aveva un’anima nera… come qualcuno che ha vissuto due vite insieme.
«Che maschera indossa oggi, doc?»
Mi chiedeva sempre la stessa cosa quando entrava nel mio studio, con un sorriso che si contorceva nervoso sulle labbra senza mai raggiungerle gli occhi. Era così abituata a indossare una maschera, a essere qualcun altro, che forse si è persa nel suo mondo, sopraffatta dal peso della sua vita segreta.
Che maschera stavi indossando, Ivy?
Ha rinunciato alla vita a venticinque anni. Venticinque anni…
Mi immagino i suoi ultimi pensieri, chiedendomi se si sia pentita della decisione nell’istante esatto in cui ha dato un calcio a quella sedia. O se ha finalmente sentito quel senso di controllo che tanto agognava.
Morire era l’unica decisione che credeva di poter prendere da sola.
«Gli mancherei se me ne andassi. Vuol dire qualcosa, vero? Ha bisogno di me tanto quanto io ho bisogno di lui.»
Forse è stato il suo modo di punirlo per non averla amata abbastanza. Forse è stato il suo modo di punirsi per non essere stata abbastanza, per non essere stata perfetta, come lei.
La sua ossessione. L’altra donna. La moglie.
E in un certo senso, che lo volesse o meno, ha punito anche me. Non l’ho aiutata come meritava.
Ho fallito.
«Un giorno, sparirò. Prenderò tutte le mie cose e me ne andrò, senza dirgli dove. Lascerò un segno tanto grande nella sua vita che si pentirà di non avermi trattenuta. Voglio sconvolgergli l’esistenza, fargli vedere quanto sia orribile senza di me. Un giorno, dottoressa, farò in modo che non possa più smettere di pensare a me. Lo punirò, punirò entrambi.»
Chissà se c’è riuscita, se ora occupa tutti i pensieri di quell’uomo, se la sua assenza gli ha sconvolto la vita.
Di certo ha sconvolto la mia. Sono in aspettativa e il mio matrimonio è andato in pezzi. Metto in dubbio tutto quello che so. Non sono più me stessa.
Dicono che passerà. Sto ancora aspettando. Ivy ora vive nella mia mente.

Capitolo uno

«Aria, grazie mille per essere corsa qui con così poco preavviso.» Il commissario Pietro Scalia mi viene incontro con un sorriso gentile. Mi alzo e gli stringo la mano, ricambiandolo.
È passato parecchio tempo dall’ultima volta che ci siamo visti.
«Ma certo. Se dici che è urgente, io arrivo subito.» Afferro la borsa di pelle appoggiata sulla sedia accanto alla mia.
Ci siamo solo noi nella sala d’attesa del pronto soccorso, a parte una coppia di anziani che aspettano di essere visitati e un uomo che parla con la ragazza all’accettazione.
Déjà-vu. È francese per “qualcosa che è familiare in modo inquietante e fa male come una pugnalata nel fianco”.
Stesso ospedale, stessa sala d’attesa, io e il commissario Scalia che parliamo della mia paziente, ricoverata, il cui battito è flebile ma regolare.
«Possiamo solo aspettare e sperare,» mi aveva detto Pietro Scalia, posando una mano sulla mia spalla.
Sperare non era stato sufficiente.
«Lo apprezzo davvero molto, so che eri in aspettativa.» Mi fa segno di seguirlo e mostra di nuovo il distintivo all’infermiera. «Lei è con me.» Camminiamo lungo il corridoio candido e asettico che conduce al reparto.
«Uno dei miei uomini l’ha accompagnata qui poco più di un’ora fa,» comincia a spiegarmi mentre superiamo una porta dopo l’altra. «L’hanno trovata mezza nuda che vagava per le vie del centro.» Mi allunga un fascicolo.
Capelli biondi, sui vent’anni.
Dalla foto, una donna mi guarda, gli occhi marroni vuoti e persi.
«Ha detto qualcosa? Qualche parola?» chiedo. Lui si ferma.
«No, niente di comprensibile, in ogni modo. È in stato confusionale. L’agente che l’ha portata qui ha detto che era completamente assente. I dottori hanno predisposto degli esami del sangue, per vedere se è sotto l’effetto di qualcosa.»
Annuisco, dando un’altra occhiata ai fogli.

Presunta assunzione di droghe. Sospetto abuso fisico ed emotivo. Possibile abuso sessuale. Corpo coperto di graffi. Trovate terra e spine nelle ferite. Segni tipici di costrizione sui polsi.

Costrizione.
Era legata.

Vittima sconosciuta. Niente documenti. Niente borsetta. Scalza.

Una ragazza senza nome, persa per le strade trafficate di Milano, e nessuno ha visto niente. Non può essere apparsa dal nulla.
«Per quello che ne sappiamo, potrebbe essere stata rapita o stuprata,» continua il commissario, con una mano appoggiata sul fianco e lo sguardo perso per un momento sulla punta delle sue scarpe, mentre mi aggiorna sul caso. «Ho pensato subito a te. Sei una specialista di vittime di abusi, e poi sei una dei migliori, tra i dottori con cui collaboro.»
Una dei migliori.
Rabbrividisco.

 

***

Vi ricordiamo che “Black Canvas – nel buio della mente” di Laura Rossi sarà disponibile in tutte le librerie dal 24 giugno!

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